
Se le Convenzioni e i Generi hanno scelto di migrare nel cinema, dev’essere perché la forma del cinema è la più vicina all’essenza di quello che oggi si manifesta. E che cosa si manifesta? Il feticismo totale. Sì, quel feticismo che per Marx era un contrassegno primario del “mondo delle merci” è in realtà il feticismo di tutto, perché il magazzino delle merci è diventato il cosmo stesso, e noi ne siamo dunque un’infima parte. Ora, il cinema mette nella condizione di poter utilizzare come feticcio la totalità dei fantasmi psichici, che del feticcio sono comunque e sempre il materiale.
Il sogno più antico e più efferato del mondo in cui viviamo è quello di rendere cosa il fantasma. Ebbene, il cinema permette di avvicinarsi come mai prima, e con temibile immediatezza, a questo sogno. Nel cinema i fantasmi diventano cosa, e al tempo stesso una cosa quasi inesistente, indefinibile e inappropriabile, quale può essere una striscia di celluloide impressionata o il movimento di figure su un telone bianco.
Sarà che per me il re è nudo, ma mi è parso di cogliere una certa tua ironia nel postare questo passaggio. Nel caso, qui è arrivata gradevolmente. Il tipico sproloquio assurdo e privo di costrutto che Calasso stesso avrebbe bocciato per una pubblicazione Adelphi. Tranne le sue, che ovvietà.
“quel feticismo che per Marx era un contrassegno primario del “mondo delle merci” è in realtà il feticismo di tutto, perché il magazzino delle merci è diventato il cosmo stesso” 0____0
Calasso conosceva alieni malati di capitalismo? Hanno appaltato la via lattea all’Ikea? No, perché il feticismo delle merci di tipo marxista è sostanzialmente la sostituzione della socialità con lo scambio di merci, dove non c’è più il valore del lavoro per ottenere la merce ma la merce di per sé che identifica la persona, in mezzo ad altre merci. E fin qui. Ma come questo “mondo=magazzino delle merci” diventi il cosmo stesso, addirittura… il cosmo?! Cioè l’universo intero, l’ordine universale?! Mi sono persa il rover di Marte che apriva un Mc Donald’s?
In ogni caso, noi non ne siamo un’infima parte come dice, visto che in questa metafora di Marx è l’uomo che viene sostituito dalle merci, quindi ci sono solo le merci, fine, noi non ci siamo. Non si ricompare nelle metafore così, a cazzo di cane (cit. Boris).
La frase dopo la salto, è epistemiologicamente imbarazzante. Il resto sono parole intellettuali buttate a caso in una forma eleggibile a citazione dotta. Kill me softly. Please.
Eh eh. Sì, ok, sul cosmo ha un po’ esagerato, proiettando diciamo il discorso su coordinate sue extramondane. Il libro in ogni caso è davvero interessante, soprattutto le analisi hitchcockiane che ne costituiscono il fulcro, e visto che poi il tema fantasma l’ho sfiorato in una cosa di cinema che sto scrivendo, mi piaceva condividerlo per questo. Ma se he divertito, pure quello è un effetto collaterale utile, dai.
argh non ho riconosciuto le dita! Credevo fosse un post di Vale, chiedo venia. Per quello l’ho letto vedendomela già dietro al libro con il sopracciglio alzato e lì lì per scoppiare a ridere.
Adesso fuori la cosa di cinema che stai scrivendo, please! Dobbiamo leggere.
La mia metà anzi mi notizia che hai scritto “qualcosa” per “un evento a Napoli”… riferito così, testuale. Quindi attendo di leggere la cosa sicuramente interessante, dando per scontato che, come minimo, sarà invece un articolo per un evento in Trentino.
Più che altro la “scelta” dei generi di migrare al cinema. Cioè, la narrazione umana, da sempre e qualunque sia, è di genere, nemmeno il cosiddetto mainstream si salva se uno vuole proprio categorizzare. Su Calasso, per quanto riguarda me, c’era che anni fa qualcuno mi disse che bisognava leggere i suoi saggi, perché era un genio (e altro che non ricordo, complice la chemio, ma la sostanza era quella: se vuoi migliorare la tua istruzione devi leggere Calasso) e a me non è che andasse tanto. Ho letto questo e sto (anche perché altri suoi sono discreti mattoncini, e non è che abbia tutto sto tempo).
La cosa di Napoli é un saggetto veloce, questo riguarda un progetto più corposo.
Ah ah. Comunque la cosa di Napoli è un saggetto per il catalogo della rassegna su Antonio Capuano che inizia questa settimana. La cosa grossa è l’enciclopedia Michael Mann a cui sto lavorando da anni.