
È solo nella prospettiva delle grandi narrazioni legittimanti, vita dello spirito e/o emancipazione dell’umanità, che la parziale sostituzione dei docenti con delle macchine può sembrare una perdita, anzi un fatto intollerabile. Ma è probabile che queste narrazioni non costituiscano già più la molla principale dell’interesse nei confronti del sapere. Se la molla diviene la potenza, questo aspetto della didattica classica non è più pertinente. La domanda più o meno esplicita che si pongono lo studente aspirante professionista, lo Stato o l’istituzione di insegnamento superiore, non è più: è vero? ma: a che cosa serve? Nel contesto della mercificazione del sapere, tale domanda significa nella maggior parte dei casi: si può vendere? E, nel contesto dell’incremento di potenza; è efficace? Ebbene la formazione di una competenza performativa sembra essere sicuramente vendibile nelle condizione descritte in precedenza, ed è efficace per definizione. Ciò che non lo è più, è la competenza definita in base ad altri criteri, quali vero/falso, giusto/ingiusto, ecc., ed anche evidentemente la scarsa performatività in generale.
Si apre la vasta prospettiva di un vasto mercato per le competenze operative. I detentori di questo tipo di sapere saranno oggetto di offerte, se non la posta in gioco di politiche di seduzione. Da questo punto di vista non è la fine del sapere che si prospetta, tutto al contrario. L’Enciclopedia del domani sono le banche di dati. Esse eccedono la capacità di ogni utilizzatore. Rappresentano la “natura” per l’umanità postmoderna.