Ex Libris 360 (liberazione animale)

A dire il vero, è del tutto vano chiedersi se la libertà sia naturale, poiché non si può asservire nessuno senza fargli torto; nulla è più contrario alla natura – interamente ragionevole – dell’ingiustizia. […] Gli animali se gli uomini li ascoltano, gridano: “Viva la libertà!”. Molti di loro muoiono subito dopo la cattura. Come il pesce che agonizza non appena è tolto dall’acqua, essi si lasciano morire pur di non sopravvivere alla loro libertà naturale. Se gli animali avessero scale di valori, vedrebbero nella libertà la propria nobiltà. Altri animali, dai più grossi ai più piccoli, quando vengono catturati si dibattono con tanta forza con le unghie, le corna, il becco e la zampa da dimostrare chiaramente il prezzo che essi attribuiscono a ciò che perdono. Dopo essere stati catturati, ci dimostrano così eloquentemente di essere consapevoli della propria sventura, che è mirabile vederli languire piuttosto che vivere, e gemere sulla felicità perduta piuttosto che crogiolarsi nella servitù. Che vuole dire l’elefante quando, dopo essersi strenuamente difeso, perduta ogni speranza, sul punto di venire catturato cozza le mascelle contro gli alberi e si spezza le zanne, se non che il grande desiderio di rimanere libero lo rende astuto e gli suggerisce di trattare con i cacciatori: per vedere se potrà cavarsela a prezzo delle zanne e se il suo avorio, ceduto come riscatto, gli restituirà la libertà?
Noi coccoliamo il cavallo sin dalla nascita per abituarlo a servire. Le nostre carezze non gli impediscono di mordere il freno, di impennarsi sotto lo sperone quando lo si vuole domare. Mi sembra che voglia così dimostrare di non servire spontaneamente, ma da noi costretto.


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