Siccome non solo scrive ma gli piace anche passare dall’altra pare e leggere quello che scrivono gli altri, Lucas a volte si stupisce di quanto gi riesca difficile capire certe cose. Non è che siano questioni particolarmente astruse (aggettivo orribile, pensa Lucas che tende a soppesare le parole sul palmo della mano e a familiarizzare con loro o respingerle a seconda del colore, del profumo o del tatto) ma di colpo c’è come un vetro sporco fra lui e quel che leggendo, da cui impazienza, rilettura forzata, sfuriata in arrivo e alla fine gran volo della rivista o del libro contro i muro più vicino con conseguente caduta e umido plot.
Quando le letture finiscono così, Lucas si domanda che cosa diavolo sia potuto succedere nell’apparentemente ovvio passaggio dal comunicante al comunicato. Domandarselo gli costa molto, perché nel suo caso non si pone mai la questione e per rarefatta che sia l’aria della sua scrittura, per quanto certe cose possano arrivare a destinazione d essere acquisite solo al termine di ardui percorsi. Lucas non manca mai di verificare che l’arrivo sia valido e che il passaggio si compia senza troppi intoppi. Poco gli importa la situazione individuale dei lettori, perché crede che nella maggior parte dei casi tutto cada come un vestito ben tagliato, e perciò non è necessario cedere terreno né all’andata né al ritorno: fra lui e gli altri ci sarà un ponte, sempre che lo scritto nasca da seme e non da innesto. Nelle sue più deliranti invenzione c’è al tempo stesso qualcosa di semplicissimo, da uccellino e partitella a carte. Non si tratta di scrivere per gli altri ma per sé, però uno deve essere anche gli altri; così elementary, my dear Watson, da ispirare quasi diffidenza, da chiedersi se non ci sarà un’inconsapevole demagogia in questa collaborazione fra mittente, messaggio e destinatario. Lucas guarda nel palmo della mano la parola destinatario le accarezza appena il pelame e la restituisce al suo limbo incerto; non gli importa un fico secco del destinatario visto che ce l’ha lì a tiro, a scrivere quello che lui legge e a leggere quello che lui scrive, quante seghe.