Charles Darwin una volta scrisse: “L’uomo va scusato del sentire un certo orgoglio per essersi elevato […] all’apice della scala organica”. Questa citazione calzava a pennello nella sua epoca, quando un gentiluomo vittoriano rispettabile avrebbe naturalmente collocato un altro gentiluomo vittoriano rispettabile sul piolo più alto della scala evolutiva. Il problema sta nell’intero concetto di scala evolutiva e di apice di quest’ultima, l’idea di un processo unidirezionale che si arrampica verso una qualche forma di perfezione. Ovviamente Darwin aveva un’idea molto più sfumata dell’evoluzione, ma questa concezione si è comunque radicata nella nostra mente collettiva ed è stata perpetuata dai fumetti, dai racconti popolari e perfino dai lavori degli studiosi seri. La mente vi ritorna inconsciamente, anche se siamo circondati da prove dirette del contrario. Se l’evoluzione progredisse verso l’unicità, come potremmo spiegare la varietà, le 20.000 graminacee diverse, i 35.000 scarabei, la profusione di anatre, rododendri, paguri, moscerini e passeriformi? Perché le forme di vita più antiche del pianeta, i batteri e gli archea, sono maggiormente diversificate e prolifiche rispetto a tutte le altre specie messe insieme? Con il tempo è molto più probabile che l’evoluzione ci offra un gran numero di soluzioni invece di darci una sola forma ideale.