“Devo dirti una cosa: da grande voglio fare il carabiniere, e poi il cuoco.”
“Non posso ripetere le cose … volte” (inizia a elencare numeri a caso)
“Nessuno mi vuole bene. Mi voglio bene da solo.”
“Il mio cervello si muove perché ha i piedi.”
“Il caldo mi sta buttando giù, mi serve una medicina per il caldo.”
“Papà, ti devo dire una cosa.” (indicandosi il sedere) “Questa chiappa è liscia e questa chiappa è frizzante.”
(al papusko) “Perché hai quella faccia? Ti sei sbagliato a mettere quella faccia.”
“Se un bambino vuole giocare col papà, il papà deve giocare. È così che si fa.”
(dopo mangiato) “Mamma, ho la bocca ingrassata.”
(in biblioteca) “Papà, bisogna parlare con la bocca bassa.”
“Che giorno è?” “Martedì.” “No, oggi è domani.”
“Mamma, ho i rondoni che mi girano tutto intorno.”
“Il caldo mi cucina.”
“La mia vita funziona così: mi addormento nel lettone di mamma e papà, e mi sveglio nel lettino mio.”
“Io sono il capo della gente. I capi della gente hanno il fischietto, e io ce l’ho. E anche il cappello. E il cavallo.”
“Sono un prenditore peluccoso e un baciatore di mamma e papà.”
“Io con queste scale faccio fatica ogni giorno a salire a casa. Dobbiamo toglierle.”
“Papà, perché adesso hai le ciglia a forma di brutto?”
(mentre gioca con le macchinine) “Io sono il tuo papà preferito, ragionevole e coccolo. E te no. Arrestatelo!”
“È successo una settimana fa.” “No Giò, era prima. “Allora un lungo mese fa.”
“Il latte lo voglio di sera scuro e di mattina chiaro.”
“Ah, adesso il ciuccio è bello profumato e pulito di zecca caldo.”