Tra gli anni della nostra infanzia e quelli odierni c’è stata una profonda evoluzione del ruolo di genitore. La pedagogia è diventata sempre più accessibile, nelle scuole sono entrati gli psicologi, ci è stato spiegato che avere figli comporta responsabilità dalle mille sfaccettature. Non bastasse, a rendercelo noto, la nostra pratica quotidiana.
Presenza, ascolto, condivisione, interessamento, coinvolgimento, recupero della propria esperienza per porla al servizio del bambino, sono solo i primi fondamentali requisiti che vengono richiesti a noi genitori di oggi, con l’obiettivo principale di non commettere gli stessi errori di quelli di ieri, che si facevano meno domande e navigavano a vista. I nostri doveri, in certi momenti, ci appaiono così complessi da indurre la paranoia che sia impossibile assolverli per intero. Da qui le manie di controllo su ogni aspetto della vita dei figli, affinché nulla ci sfugga, compreso il loro rendimento scolastico. Di più: di fronte a un brutto voto, o a un ammonimento disciplinare, siamo noi a sentirci criticati nel nostro ruolo, come se le difficoltà scolastiche trovassero unica causa nella nostra disattenzione, o dicessero della nostra inadeguatezza. Se un insegnante rimprovera nostro figlio non ci stiamo, ci sentiamo sotto accusa, aggrediti, scoperti, indifesi.
Perché?
Perché i genitori che siamo contengono anche i bambini che siamo stati.
Perché abbiamo la sensazione che stiano cercando, di nuovo, di dare la colpa a noi.