Appena attribuisci a un uomo una certa grandezza ed importanza, ne fai un mostro. Basta attribuire questo a noi stessi e siamo perduti: non esiste più alcuna tranquillità né chiarezza di vita né impavidità davanti alla morte. Applico questa tendenza a me stesso: a me è dato il bisogno di pensare, di esprimere dei pensieri, di scrivere e conformare in qualche modo la mia vita alle mie idee (ciò che faccio molto male) e dunque per quanto i miei pensieri fissati sulla carta sembrino importanti a me e agli altri uomini – microbi -, sono in realtà così importanti come la segala che abbiamo fatto crescere o come l’aver allevato un gatto. Sento che appena mi sono attribuito un significato più grande che a un acero o a un melo che ha dato il suo frutto, ho perduto la calma, la gioia della vita, la rassegnazione davanti alla morte.