Ci sono poi le canzoni autobiografiche, quelle in cui si parla dei cavoli propri senza mediazioni più o meno mascherate di io lirici tendenti all’astrazione. Uno degli esempi che vengono subito in mente è Smoke on the Water, che però più in particolare rievoca le semi-catastrofiche circostanze di nascita del brano stesso, quindi sarebbe da ascrivere al novero delle meta-canzoni; o anche certi curiosi pezzi del Battisti di E già, come Registrazione o Hi-fi, dove sembra quasi di sentire Lucio suggerire alla sua Velezia delle parole che finalmente lo mettano (quasi) a nudo.
Al sodo, i miei preferiti nel genere:
l'”epic tone poem” (come lo definisce Mama Cass qui) di John Phillips che descrive l’ascesa al potere del suo gruppo e degli amici McGuinn, MacGuire e Lovin’ Spoonful negli sfavillanti anni della California protesa verso l’acme della Summer of Love;
Rachel Goswell e Mark Kozelek che in montaggio alternato cantano della lunga storia di amicizia e attrazione sospesa (“There was always something about you but you had a man in your life”, “I had a thing for you and I know You had a thing for me”) che li lega da due decenni;
e ovviamente un paio di auto-dichiarantesi lunghe cavalcate retrospettive dal re del genere, il mio adorato Mike Scott: le acustiche e spirituali peregrinazioni transoceaniche di Long Way to the Light e l’elettrica e più metaforica quest di Long Strange Golden Road.