Lo stretto passaggio era stato difficoltoso per la blatta e io, con nausea, mi ero intrufolata attraverso quel corpo di scaglie e fango. E avevo finito, io pure tutta immonda, per sfociare attraverso di lei nel mio passato che era il mio continuo presente e il mio futuro continuo – e che oggi e sempre è sulla parete così come quei miei quindici milioni di figlie, da allora sino a me. La mia vita era stata continua quanto la morte. La vita è talmente continua che la suddividiamo in tappe e una di queste la chiamiamo morte. Io ero sempre stata in vita, poco importa se non propriamente io, non la cosa che ho deciso di chiamare convenzionalmente io. Io ero sempre stata in vita.
Io, corpo neutro di blatta, io e una vita che infine non mi sfugge poiché la vedo finalmente fuori di me – sono la blatta, io, sono la mia gamba, sono i miei capelli, sono il tratto di luce più bianca sull’intonaco della parete – sono ogni pezzo infernale di me . in me la vita è così insistente che se mi taglieranno in due, come una lucertola, i pezzi seguiteranno a vibrare e a muoversi. Sono il silenzio inciso su una parete, e la farfalla più antica mi affronta: la stessa di sempre. Dalla nascita alla morte è ciò che io definisco umano in me, e non morirò mai.