Ex Libris 310 (resistenza greaser)

Alla fine riuscimmo ad arrivare all’IB Club, il locale più importante della zona, il paradiso terrestre dei greaser. […]
Per i Castiles era un colpo grosso. La pista da ballo era piena di ragazzi vestiti di pelle, e noi ci eravamo regolati di conseguenza nel comporre la scaletta. Gli ingredienti segreti erano doo-wop, soul e Motown: era quella la musica che toccava nel profondo il cuore dei greaser. Per raccontare la loro vita occorreva un mix tra il romanticismo cupo e violento del doo-wop, il vigoroso realismo del soul e quella vaga promessa di ascesa sociale offerta dalla Motown. Fatta eccezione per le hit della Top 40, l’atteggiamento alternativo degli Stones e dei loro colleghi negli anni anni Sessanta non rispecchiava l’esperienza di quei ragazzi. E chi se lo poteva permettere? C’era da lottare, stringere i denti, lavorare, proteggere ciò che era tuo, restare fedele ai tuoi compagni, ai tuoi antenati, alla famiglia, al territorio, ai fratelli e sorelle greaser, alla patria. Erano queste le cose che ti rimanevano quando tutto il resto si sgretolava, quando le mode passavano e mettevi incinta la tua ragazza, quando tuo padre finiva in galera o perdeva il lavoro e toccava a te rimboccarti le maniche. Quando la vita bussava alla tua porta, era il cantante doo-wop con il cuore spezzato a conoscere il rimpianto e il prezzo dell’amore, era il soul man che si spaccava la schiena ogni giorno a comprendere il senso delle parole “I take what I want, I’m a bad go-getter, yeah…”, erano le stelle Motown, uomini e donne, a sapere che almeno un po’ bisognava giocare all'”uomo bianco/uomo ricco”. Devi trovare compromessi efficaci che ti permettano di non tradire la tua anima e di puntare appena più in alto, fino al momento in cui sarai tu a dettare le regole. Era questo il credo della Route 9, e non accettarlo significava rischiare una morte musicale atroce e una manica di botte il sabato sera.


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