Risentendo dopo tanto tempo la splendida, toccante There’s a World Outside degli Psychedelic Furs di Richard Butler m’è venuto da pensare ai grandi brani da ultimo album: i capolavori nella vicinanza titoli di coda, in quelle raccolte dove domina la maturità o magari la stanchezza, ma da dove può spuntare una malinconica, luminosa perla prima dell’addio.
Già parlavo tempo fa della “sublime stanchezza” di Hegel, e tra i supremi album finali come non citare Anime salve? Ma mi vengono in mente anche il dolore in salsa sudamericana di Fool in the Rain; Johnny Marr che passa senza soluzione di continuità dalla definitiva I Won’t Share You alla semi-definitiva (Nothing But) Flowers; le lande free form dei Talk Talk.
E ovviamente la canzone finale (che finale non doveva essere, ma tant’è) più bella della storia: questa.