Cohen mixava i brani col volume al massimo, perché era parzialmente sordo e non riusciva più a percepire certe frequenze; inoltre, si sforzava sempre di rendere il sound della chitarra quanto più distorto e abrasivo possibile. “Realizzammo una specie di grosso tubo di metallo ondulato attorno a un amplificatore, e piazzammo dei microfoni sulla sua superficie” racconta con evidente gioia. “Ne venne fuori un rumore talmente orrendo da farti saltare via le otturazioni dai denti! Un suono veramente tremendo, l’ideale per il sound metallico che andavamo cercando. Tutto l’equipaggiamento venne strapazzato piuttosto malamente…”
La title track del long-playing venne registrata per caso, poiché Cohen fece appena in tempo a premere il pulsante della registrazione prima di sprofondare in un sonno letargico; quando il gruppo, terminato il brano, chiese al tecnico com’era venuto, non ricevette alcuna risposta: presto scoprì il perché. Spesso Cohen veniva trovato a dormire sotto al banco del mixer, come se stesse controllando i collegamenti. “Una volta Tony disse: ‘Aspettate lì, torno tra un minuto’, e ci lasciò in studio” racconta Howard. “Restammo seduti là per ore e ore, e alla fine decidemmo di andare a vedere cosa fosse accaduto, e siccome non riuscivamo a trovarlo da nessuna parte, telefonammo persino a della gente per sapere se l’avevano visto. Alla fine lo trovammo: si era infilato in un condotto dell’aria e ci era rimasto a dormire per dodici ore filate, mentre noi eravamo rimasti in studio, il cui affitto ci costava centocinquanta dollari l’ora, a far niente. Cose del genere succedevano abbastanza spesso; ci fu un periodo in cui Tony praticamente visse sotto il pianoforte che c’era in studio.
Tracy si sbronzava a tal punto che il suo cervello, a un certo punto, smise di funzionare, a qualsiasi livello, e lui fu in grado soltanto di ripetere a pappagallo quanto sentiva dire dagli altri. Nell’arco di un’intera serata, era capace di starsene seduto per ore e ore su una sedia borbottando: “Sono il produttore, sono il produttore”, massacrando il bordo di pelle del banco del mixer con i suoi speroni. Una volta, alla fine di una session, saranno state le sette di mattina, si alzò, barcollò fuori dallo studio, vide un’auto e la rubò. Come riuscì a tornare a casa, non lo so”. Cohen conferma il racconto fatto da Howard: “Tracy quel giorno faceva spavento: penso che, prima di mezzogiorno, si fosse scolato almeno due fiaschi di vino. Anche Nick era fatto perso, e così io: eravamo tutti in condizioni pietose, e non ho idea di come Mick Harvey riuscisse a sopportare tutto quel casino”.