Il bello delle Olimpiadi tutto in una gara e nelle sue storie: trionfi e delusioni, giochi del fato e colpi di scena, cadute e resurrezioni.
Pyeongchang 2018, SuperG femminile.
C’è Nadia Fanchini, unica rappresentante in Corea della famiglia più sfigata dello sci italiano, falcidiata dagli infortuni, che adesso scende anche pensando alla sorella Elena impegnata, siamo retorici, in una gara ancora più importante. Si deve accontentare di un dodicesimo posto.
Davanti a lei arriva una che invece puntava ben più in alto, Sofia Goggia, sciatrice fantastica che ogni tanto, un po’ alla Bode Miller, incappa per foga in errori clamorosi e spettacolari, le celebri “goggiate”. Qui la si tifa anche perché dice W il lupo e si accompagna alla meravigliosa Belle. Si piazza appena fuori le prime dieci, ma qualche giorno dopo farà la Storia.
Al sesto posto c’è la più vincente donna all time (in attesa che una sua connazionale ben più giovane la superi), Lindsey Vonn, una che ultimamente ci sta molto più simpatica di quando al leaders’ corner sembrava la regina che saluta con degnazione i sudditi. Ai Giochi però non ha raccolto quanto il suo enorme palmarès farebbe immaginare. Sembra un giorno buono per Vonn, ma anche lei, come l’amica rivale Goggia, svirgola in vista del traguardo, e il podio deve guardarlo da lontano.
Appaiata a lei, stesso tempo, c’è Federica Brignone, magnifica figlia d’arte che si è già portata a casa un bronzo nella sua gara prediletta, il gigante, e può ritenersi soddisfatta. Non altrettanto la compagna di squadra davanti a lei, Johanna Schnarf, che la medaglia la perde per 5 centesimi, dopo aver già rimediato un quarto posto a Vancouver 2010. Coi centesimi ha un bel conto aperto, la Willow sudtirolese.
Che dovrebbe dire allora Lara Gut, intelligentissima e agguerritissima ticinese? In discesa a Sochi dovette accontentarsi del bronzo, e durante la cerimonia di premiazione mise su una tale faccia da funerale che Tina Maze (aka Tina 1) dal gradino più alto le dette una simpatica spintarella come a dirle “Eddai Lara, che hai una medaglia olimpica al collo”. Figurarsi stavolta che quella stessa medaglia se la vede sfuggire dalle mani per un centesimo.
Chi gliela soffia e finalmente può festeggiare è (con nostra somma gioia) Tina Weirather (aka Tina 2). La talentuosissima figlia di Hanni Wenzel e Harti Weirather ha una storia di sfighe e infermerie degna della famiglia Fanchini. Quattro anni fa arrivò a Sochi, in grande forma, pronta a giocarsi il tutto per tutto. Si ruppe nelle prove della discesa. Da allora è maturata mentalmente e tecnicamente, l’anno scorso si è guadagnata la coppa di SuperG e una medaglia mondiale, qui aggiunge un tassello importante a una carriera che con meno sfortuna avrebbe potuto essere assai più ricca di soddisfazioni.
Ne sa qualcosa, di fortuna e sfortuna, Anna Veith, già Fenninger. Una che ha vinto due coppe del mondo piuttosto fortunose, grazie a un infortunio in extremis di Maria Riesch la prima, a un seppuku di Tina 1 durante un disastroso fine settimana a Maribor la seconda, ma che poi ha dovuto superare una terribile botta al ginocchio che rischiava di farle abbandonare prematuramente gli sci. Invece col tempo e la tenacia è tornata ai vertici, e pensava certo dopo la sua discesa quasi perfetta che sarebbe arrivato per lei il terzo oro olimpico dopo i due di Sochi. Tutte le rivali erano dietro di lei, chi poteva più impensierirla?
Solo che non aveva fatto i conti, Anna, con l’imponderabile olimpico. Perché lo sci ha una serie notevole di variabili (tracciato, neve, visibilità), e bisogna sempre aspettarsi l’inaspettato, nel bene e nel male. Straordinari campioni non hanno mai vinto medaglie olimpiche (con nostro sommo rammarico Tessa Worley, per esempio), e viceversa sciatori sol discreti hanno vinto per esempio due medaglie prima di fare un podio in coppa del mondo. Ciò che nessuno vedeva arrivare era stavolta Ester Ledecká, una grande snowboarder (qualche giorno dopo avrebbe completato l’incredibile impresa) che frequenta l’alpino quasi per sfizio, miglior risultato in coppa del mondo 19° posto, tipo che fosse stata nella squadra italiana non avrebbe potuto neanche partecipare alla gara. Gli infiniti secondi di volto attonito dopo aver passato la linea del traguardo, prima di credere al risultato incredibile che leggeva sullo schermo, sono davvero l’Immagine dei Giochi coreani.