Il bello del ’77: il 21 ottobre usciva Bat Out of Hell; esattamente una settimana dopo usciva Never Mind the Bolloks. Non è un clash concettuale meraviglioso?
Il megarock pomp-wagneriano di Steinman e Meat Loaf contro il gesto situazionista/nichilista di McLaren e Rotten.
Todd Rundgren che aggiorna il muro del suono spectoriano contro il garage alla Nuggets/Stooges che sfocia nel neoprimitivismo diy.
Le suite di spudorata epica musical-giovanilistica contro le fiammate da 3accordi-3minuti.
La mitologia Peter Pan/teenage tragedy contro (per dirla con Greil Marcus) la negazione adorniana tradotta con basso/chitarra/batteria/urla.
Rundgren che sgasa con la chitarra con sublime sprezzo del pericolo truzzo e Steve Jones che strapazza la sua per estrarne suoni fotonici e definitivi.
Il polpettone che a suo modo onora e seppellisce Elvis (schiantatosi due mesi prima), il Giovanni Lindo inglese che glorifica, distrugge e fa risorgere dalle ceneri la musica giovane dell’ultimo quarto di secolo.
I viaggi in Harley-Davidson dentro e fuori l’inferno della frustrazione post-adolescenziale e i viaggi senza futuro dei reietti della Storia che reclamano il loro posto nel mondo.
Che dischi, signore e signori.