These are the songs of my life: Videoclip Edition (with GB’s Introduction)

Com’è come non è, GB ultimamente ci sta sotto con i clip degli Ok Go. Diciamo che dopo Dogs Like Socks e For the Birds, s’era appassionato a Sesame Street e Muppets, in particolare alle ospitate musicali. Dapprima l’innamoramento era per Feist, ma quando s’è stufato di Leslie, povera, si è concentrato su Kulash e Co. (non dimentichiamo anche le cose a cappella, tipo Pentatonix e Mike Tompkins).

La Vale ha pensato a un certo punto di proporre qualcuno dei celebri video del simpatico gruppo di Chicago. Non l’avesse mai fatto: ormai il pargolo vuole solo loro: segue tutto il delirante meccanismo di This Too Shall Pass, impazzisce per le palle che escono dalle valigie e per le secchiate di vernice di Upside Down & Inside Out o i gavettoni che esplodono di The One Moment, gli piacciono anche gli ombrelli colorati di I Won’t Let You Down e la macchina sonora di Nedding/Getting, per non parlare dei time lapse con cameo paperesco di End Love, anche se i preferiti rimangono i cagnetti di White Knuckles e il caleidoscopio illusionistico di The Writing’s on The Wall (quelli dove si balla li digerisce meno, anche se Here It Goes Again ogni tanto lo chiede, e anche All Is Not Lost).

Allora, mi pare giusto segnalare i miei, di video preferiti della storia. Da pischello cresciuto a pane e Videomusic, e poi MTV fino a quando era vedibile, di clip ne ho ingollati a profusione, ma tra i millemila me ne vengono in mente tre, dove l’eccezionalità della canzone va a sublimarsi con quella del visual:

Godley and Creme, i genietti pop dei 10CC riciclatisi come genietti visuali (tra tutti basti ricordare Cry) circondano i Police con centinaia di candele, semplicissimo e di atmosfera immensa.

Michel Gondry, che sul formato breve ha sempre avuto una marcia in più rispetto al lungo, modella su Bjork una meta-favola surreale semplimente perfetta.

Tom Barman, sempre a proposito di musicisti/registi (anche se non ho trovato certezza sull’attribuzione) illustra il capolavoro dei suoi dEUS con una suite di alienazioni discotecare su cui si innesta una coda coreografica neogodardiana che si attaglia magnificamente alla memorabile uscita strumentale del brano.


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