Lettera aperta al sindaco di Artena

Caro Felicetto, scusa se ti do del tu, lo do quasi a tutti.

Chi ti scrive è una tua concittadina di adozione… o meglio, la portavoce di una famiglia di tuoi concittadini: Alessandro, Valentina, e da una ventina di mesi, Giordano Bruno. Per non citare (l’elenco sarebbe lungo) i gatti che curiamo, nutriamo e sterilizziamo. A nostre spese, naturalmente, lo sai anche tu: tutti i discorsi sui soldi che non ci sono mai, e i benaltrismi del “ci sono altri problemi prima da risolvere”… ma oh! Aspetta a chiudere il blog, questa non è e non vuole essere una lettera di lamentazioni.

In realtà era tanto che volevo scriverla, ma non mi decidevo mai; poi, reduce da una passeggiata nel borgo, ho pensato: è il momento giusto. Già. Noi abitiamo al centro storico da ormai dieci anni. Prima di ieri sera pensavo fossero tanti. Il compagno della tipa che ci ha venduto casa disse, mi ricordo: “Tempo sette anni e avrete venduto. Non ci si resiste qui, l’unica cosa buona è l’acqua sempre fresca”. Beh, forse dovrei dire che “era” l’acqua, che da quando c’è ACEA ATO2…

Ah, sì, en passant. Ho letto per caso – non ne avrei saputo nulla altrimenti – che farai delle multe a chi userà l’acqua potabile per innaffiare piante e orto e lavare la macchina, o sbaglio? Per la macchina tranquillo che al massimo gli diamo una volta l’anno una ripassata al lavaggio a gettone. Mentre per le piante: sono il mio chiodo fisso, chi passa di qui lo sa, ma le irrigo con l’acqua dei bagnetti di Giordano. Puoi risparmiarti la fatica di mandare vigili che cerchino pretesti per farci multe. Oh, mica sto insinuando nulla eh. Ma sai, le brutte esperienze. Tipo: ci eravamo appena trasferiti, sarà stato il secondo o terzo giorno, ci eravamo sposati proprio quella settimana ed eravamo riusciti a entrare in casa solo a nozze celebrate (mica perché siamo bravi credenti e persone morigerate, è che gli operai, sai come vanno queste cose, le hanno tirate per le lunghe). Insomma, avevamo nella nostra corte privata (non per strada, eh?) i sacchetti degli scarti della ristrutturazione, e quell’anno c’era ancora Paolo che lavorava coi muli, te lo ricordi, che bel vecchio che era? Ci eravamo messi d’accordo per smaltirli, e lo aspettavamo. Un giorno, sono sola a casa, arrivano due vigili che mi minacciano con modi para-mafiosi, uno addirittura ha detto, testuali parole: “in 35 anni mai visto uno schifo simile”. Felicetto mio, te lo devo proprio dire, non sapevo se prenderlo a mozzichi o ridere. Perché anche allora, che c’era una sindaca di belle e immaginifiche speranze, in giro per le viette del borgo vedevo elettrodomestici morti accatastati agli angoli, cestini traboccanti e in pieno centro storico dietro casa nostra una bella palazzina di traforati a vista, per non parlare dei magnifici bagni aggettanti, degli infissi in alluminio anodizzato e altre piacevolezze similari. Non molto in linea con le caratteristiche del borgo, lo ammetterai. Anzi, un bel match a cazzotti con le belle case in pietra, portoni caratteristici in legno, i viottoli con le veneziane che ti si aprono ad altezza occhi, il tutto aggrappato a un colle nel mezzo di boschi e parchi. Chiunque, sano di mente, avesse tutta questa bellezza, cercherebbe di sfruttarla al meglio, esalterebbe i suoi punti di forza e cercherebbe perlomeno di mettere le toppe ai disastri ormai fatti (come gli abusivismi edilizi, no? Quelli che il tuo predecessore chiamava elegantemente “palazzine”).

Invece.

(oh, ho da fare qui un intermezzo personale, ma proprio mio personale in cui c’entrano poco Alessandro e Giordano. Io non sono mai stata felice di vivere qui. Dal giorno in cui sono venuti quei due vigili, ho pensato, ma guarda questi. La gente viene qui da fuori a rimettergli in sesto il paese e loro, invece di darti il benvenuto, di chiedere se serve qualche informazione, arrivano e minacciano. Perché sai, non penso che agli artenesi veri, di nascita, gli indigeni di sangue puro, quei due siano mai andati a dire niente. Ormai lo so come lavorano,* e scusa se te lo dico: non è il genere di servizio per cui mi piace vedere impiegati i soldi delle tasse che pago. Io non sono il tipo di persona che si tira su le maniche e “vediamo se lo capite con le buone”. Sono piuttosto di quelli che “non mi volete? Allora conto i giorni che mi separano da quando potrò evadere di qui”. E finora è stato così. Ma chiudo qui la parentesi, che poi comunque ci torniamo).

Invece la situazione qual è? Che i vecchi sono abbandonati, e i giovani che vorrebbero portare nuova linfa e vita nel borgo non vengono sostenuti. Anzi, vengono scoraggiati su ogni cosa. C’era il LiveArt, concerti, incontri e cantine aperte per tutto luglio, un sacco di ragazzi per la via Maggiore. Addio. Ci sono state manifestazioni anche sorprendenti, con teatro, arte, musica elettronica. Chi l’ha più viste? Ora ci sono i Balconi e vicoli fioriti, che è un’iniziativa encomiabile, rendono il paese davvero bello e profumato, ma quanto resisteranno? In questo paese quello che non passa mai di moda sono solo le processioni, che saranno pure pittoresche e tutto, ma indovina un po’?, agli abitanti del borgo portano solo disagi, perché non è possibile che il centro storico esiste solo quei pochi giorni all’anno e poi ‘sticazzi. Se vuoi fare la tua bella processione (fosse una: dalla primavera all’estate minimo una al mese), impedendoci di accedere agevolmente alle nostre case, ti impegni pure a investire soldi qui, nel semiabbandonato (dall’amministrazione) centro non carrozzabile più grande d’Europa, come lo si strombazza a destra e manca.

Perché la favoletta che da anni ci raccontate tu e i tuoi predecessori, che Artena è un borgo morente, che è un dormitorio, che ormai è buono solo per gli stranieri che non riescono a permettersi un affitto migliore a valle, è una grossa, sonora cazzata.

Ieri, durante la passeggiata, mi sono fermata a parlare con le persone che incontravamo, complice probabilmente Giordano (pochi resistono a un bel bimbo di un anno e mezzo). Devo dirti anche questa, Felice’, scusami: i primi anni forse c’era ancora la generazione più anziana e meno aperta, ma passeggiare serenamente per il borgo non era poi così piacevole, con certe facce ringhiose a fissarti da finestre e portoni. Comunque. Girando si vedono un sacco di cose. Un vicolo pieno di vasi fioriti, passi davanti a una porta aperta, velata appena da impalpabili tende rosse e arancioni, si intravede il pavimento in cotto e le travi in legno, ci sono le infradito davanti all’uscio e due donne che si preparano la cena e parlano, e si capisce che una è venuta da fuori a trovare l’altra. Una signora che innaffia le piante che partecipano al concorso, una semplice ringhiera con petunie e ortensie, che tu vedi carine ma appena oltre il muretto scorgi uno stupefacente giardino che lei tiene pulito e in ordine. Case vissute ai bordi della selva fianco a fianco con rimasugli di cantine mezze crollate, come se un distacco netto, tra mondo degli umani e mondo degli alberi non vada bene, ma ci voglia una compenetrazione reciproca di elementi, pietre e rampicanti. Ho scoperto che dieci anni ai bordi del borgo non sono poi tanti, in confronto a ottanta, con nove ernie e una vita a far su e giù per i vicoli nel cuore pietroso di Artena. Ho scoperto che palazzi interi crollano a fianco di case ristrutturate e vissute. Vieni quassù, qualche volta, non solo per le occasioni importanti, le processioni o le campagne elettorali. Vieni la sera quando non c’è nessuno da stupire e da infinocchiare con le parole vuote della politica.

Vedi, Felicetto, il borgo non *sta* morendo. Non è un malato terminale, non è una macchina cui non producono più i pezzi di ricambio, non è un vecchio che ha finito di produrre cellule nuove. Il borgo è vivo, sono le amministrazioni che lo stanno uccidendo. Siete voi. Non offenderti, ma qui le chiacchiere (chiacchiere di alberghi diffusi, di piani colore e così via) stanno a zero. Qui ci vogliono fatti. Fatti e idee. Le idee ci sono, e anche se non dovessero piacere quelle che ci sono, ti dirò un segreto (da scrittrice): le idee sono la roba più diffusa e a buon mercato del mondo, te le tirano dietro, di idee io sono sommersa. Il difficile è la realizzazione. La fatica di iniziare un progetto, portarlo avanti e terminarlo, o mantenerlo vitale. Non venite a farci il pianto greco su “che peccato per il borgo, un così bel posto”, perché voi avete il potere di mantenerlo vivo, e attirare anche più gente da fuori, per viverlo e per attirare turisti. Se il borgo muore, la colpa è vostra.

Ti saluto, perché il tempo, con un bimbo piccolo, è quel che è: minuti contati.

A presto, Valentina.

Ps: ho sentito, parole colte qua e là, che i romani si stanno lamentando della chiusura dell’inceneritore di Colleferro, perché loro non sanno dove mandare la loro monnezza. Comodo, no? Noi qui a far la differenziata, a pagare perché il mularo passi ogni giorno, a portar via il residuo, insomma, noi ci facciamo il mazzo mentre i romani (sono romana, li conosco e so di cosa parlo) non si sprecano nemmeno a separare carta, plastica e indifferenziato. Oh, i romani pensano che gli è tutto dovuto (ci sono le eccezioni, lo so) sono arroganti, sono “i padroni del mondo”, e ora pretendono che Colleferro riapra, con tutti i suoi morti, vecchi adulti e bambini, di leucemia e altri simpatici morbi, perché loro non riescono a darsi da fare con i rifiuti (la sindaca che vuole portare la differenziata al 70 per cento, bum, e intanto in un anno è scesa dal 43 al 42, ops). Comodo, scaricare sugli altri la propria merda. Perché ti dico questo? Perché voglio sperare che farai sentire anche la tua voce, sai com’è. Preserviamola, st’aria buona di Artena, invece di decantarla solo e un domani rimpiangerla. Per lo stesso motivo ti pregherei di fermare quella follia del Biometano al Colubro. Su, Felice’, non è il caso.

E qui ti saluto davvero, e scusa per la lunghezza di questa lettera: ma lo sai, le cose da dire erano tante, e in realtà tante ancora ce ne sarebbero.

V.

* Come con le macchine parcheggiate a piffero proprio nel bel mezzo di Piazza della Vittoria: quando siamo arrivati in paese appena avvistato un altro vigile gli abbiam chiesto, “ma lì si può mettere l’auto?” e lui “no, che scherzate?” E infatti non ce l’abbiamo messa. Peccato tutti gli altri ce la mettano, e per uscire dal parcheggio a volte è un diamine di fatica, te lo può dire mio marito, e mai che abbiamo visto una multa, che scherzi?

***

Qualche contributo video:

Docchino in stile “magnifiche sorti e progressive” girato dal “Maestro” Zefferirelli o magari dalla seconda unità ai tempi del Romeo e Giulietta

“Lo vedi lì? Sono solo pietre e briganti.”

(Giuliano Gemma indicando a Stefano Satta Flores Gangi/Artena)

Due mattacchioni che esplorano usi e costumi dell’Artena anni ’80

Qui ad aver capito tutto è l’urbanista greco a 8.45

 


4 risposte a "Lettera aperta al sindaco di Artena"

  1. non mi metto nemmeno a commentare quel che ho letto, se no facciamo notte… e querele.
    Ma ti sollevo il morale. Quando arrivammo in quel di Garlasco, paesone del pavese, casa indipendente appena acquistata, 240 mq, si presentano subito i vigili per la residenza. Io a Milano ero abituata a citofono, documenti, ok abita qui.
    A Garlasco il vigile invece ha voluto vedere dentro la casa e ha voluto controllare se ci fossero letti “sufficienti”. Siamo in due, abbi pazienza, con 240 mq se mi va dormo anche per terra a casa mia, che ti frega a te di quanti letti ho?! Io allibita gli ho mostrato la nostra camera da letto, quella degli ospiti e ho aggiunto “c’è anche il divano letto in sala…”. E intanto spuntava cose sul suo blocco.
    Ci trasferiamo in un altro paese e nessuno viene a controllare nulla.
    Ci trasferiamo infine qui sull’appennino nel ridente paesello e arrivano due vigili, uomo e donna, con la faccia incazzatissima. Salgono in casa, entrano, si guardano in giro e io “deve vedere la casa? quanti letti ci sono?”. La vigilessa mi ha guardata come se fossi malata di mente. E ci ha chiesto con l’aria da tenente Colombo “Perché vi siete trasferiti qui?”. Eh, benvenuti eh! che accoglienza… manco fossimo terroristi!
    Infine cambiamo casa all’interno dello stesso paesino, si ripresentano i vigili, due diversi. Io preparata: “Entri pure…”. E il vigile “No, no, non serve, devo solo accertare la residenza, a posto così”
    No, ma quindi… fammi capire. Tutti gli altri si son fatti i cavoli miei a piacere, non era una procedura! Ma non stanno bene… 😀

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...