Chi ci legge lo sa. Soffro di insonnia.
Ora succede che da un po’ (cioè, da sempre, ma lo tenevo per me) io durante le veglie mi faccio i romanzi mentali. Proprio letteralmente. Ora per esempio sono alle prese con una tizia mollata dal marito (ferrantiano) senza apparente motivo, lei è sui 40, vita in apparenza serena ma avrebbe tanto voluto un figlio, peccato che il marito si è dato, allora lei incontra un suo vecchio compagno di scuola… Vabbeh, questo è in progress.
Ma succede anche che da uno spunto da niente mi vengano in mente trame improbabili.
Tipo la scorsa notte sono andata a fare la pipì senza accendere le luci (non sia mai disturbassi i due russanti che mi ritrovo in stanza), e da brava moglie di un appassionato di giallo/horror italiano anni ’70, mi sono immaginata il classico killer pronto con un coltellaccio da macellaio a tirarmi fuori le budella.
Così ho pensato: e se succedesse davvero?
Eh.
Se succede davvero, il killer poi uccide anche Ale, che sente i rumori sospetti e si alza per controllare cosa accade. Quindi se ne va, dimenticando la porta di casa socchiusa (è un po’ cretino, succede). La mattina seguente Laura, la nostra vicina, vede la porta ormai spalancata dal vento e si insospettisce, soprattutto quando sente il pianto del bimbo, “che sta succedendo in casa Borri/Graziani”? Prova timidamente a bussare, “Valentina, Alessandro? Tutto a posto?” Dato che nessuno risponde a parte il bimbo che continua a piangere entra e scopre la mattanza, o magari (più probabile), il bimbo ha scavalcato la sponda del lettino e Laura se lo vede arrivare con una bella scia di improntine di sangue (scusa GiordiMao).
La polizia, ovvero il commissario interpretato da un simil-Maurizio Merli con baffoni castani d’ordinanza, arriva, trova il macello e pianta un casino: secondo lui (notoriamente non una cima) il colpevole è con tutta evidenza un amico inglese della Vale, artista che alloggia da qualche settimana a Palazzo dalla principessa, nota mecenate. Il pittore, no, meglio musicista, famolo strano, violoncellista jazz, dato che Vale è un po’ fissata con lo strumento (“Ma non esistono violoncellisti jazz”, “Lo so, sono il migliore al mondo dato che non ho rivali”), allora deve darsi da fare per trovare il vero colpevole, in puro stile argentiano.
Nel frattempo piomba in paese una delle sorelle di Vale (ne ha cinque o sei, esageriamo: questa è nubile, biondina, carina, perfetta per la sottotrama love story), che viene a prendersi il bambino e i due gatti di Ale e Vale, che vagano disperati per via del Municipio (sì, evitiamo di metterci dentro tutti e quindici i gatti che sennò diventa un altro film). Insieme scoprono che Ale e Vale avevano appena scritto un romanzo, Febbri nere, su un delitto avvenuto trenta anni prima e insabbiato dalle autorità perché il principale sospettato, la terribilissima Vedova, era una delle persone più potenti di Artena. E però la Vedova, vengono a sapere, è morta da un mese.
E allora chi è stato? Lei era l’unica ad avere interesse che il libro restasse nel pc di Ale e Vale, scomparso dalla casa insieme a poche altre cose senza importanza (per confondere le acque e far supporre che il movente sia un generico furto). Come abbia saputo del romanzo è facile: una insospettabilissima signora che viene solo in estate aveva letto il romanzo, giurando di non parlarne mai con nessuno, ma ahilei, l’amica sua del cuore cui non poteva non confidarlo no, non aveva fatto nessun giuramento, per cui la voce tramite la principessa arriva anche al violoncellista. Il killer fa fuori anche la signora d’estate, l’amica del cuore, e ci prova con la principessa che però sfugge all’agguato nascondendosi nei più reconditi nascondigli del Palazzo, che conosce soltanto lei. Maurizio Merli sempre più incazzato è del tutto intenzionato a mettere sotto chiave il violoncellista, che allora decide di giocare il tutto per tutto e lancia un messaggio al killer dicendo di sapere chi è. Bluffa, ma il misteriosissimo assassino non vuole sorprese e sta per buttarlo nello strapiombo dalla terrazza in cima al paese quando viene placcato dalla sorella della Vale, che è pure esperta di arti marziali: giù la maschera, ecco la figlia della Vedova, quella che sembrava tanto caruccia, faceva pure le moine ai gatti, mica come quella cattivaccia della madre. Ché lei, la Vedova, aveva fatto insabbiare sì tutto il faldone, ma nel romanzo Ale e Vale avevano rivelato che in realtà non era stata la vecchia a far fuori il ragazzo della figlia, ma la figlia stessa, perché lui era uno stronzo che la picchiava e la drogava, e insomma non aveva poi tutti i torti (così c’è anche il sottotesto femminista, dai).
Maurizio Merli dice che lui in fondo l’aveva sempre saputo e il violoncellista con la sorella si sposano a Palazzo. Febbri nere, di cui si scopre una copia in una chiavetta usb nascosta tra le cose di GB, diventerà un successo postumo e tutti sono contenti, tranne i poveri Ale e Vale, che sono dovuti schiattare per pubblicare un romanzo.
Comunque preferisco continuare a non prendere sonniferi, checché ne diciate voialtri.
Sei meravigliosa, Vale.
Anche da un sanguinolento thriller riesci a tirar fuori una sarcastica e sottile ironia.
Brava, brava!
Meglio se dorme…
Ma no… 😁