Ex Libris 265 (per una birra)

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Paola va a fare la spesa. Le chiedo di comprarmi le birre. Siccome la volta scorsa le ho detto: «Prendi quella nella lattina gialla» – che Paola è astemia e le marche non le capisce – ed è tornata con una lattina argentata che al confronto la Peroni è una Weissbier artigianale fatta col malto d’orzo raccolto a mano da vergini bionde nelle notti rugiadose di luna piena, stavolta le fornisco indicazioni più specifiche. Le dico: «Prendi qualsiasi birra, ma non quella nella lattina argentata, per favore. In particolare, se proprio vuoi andare sul sicuro, prendi quella nella lattina azzurra e grigio chiaro. O quella gialla».

Stasera apro il frigo, afferro la birra. La lattina è nera come la morte con una striscia blu nel mezzo. Sul davanti campeggia un enorme 12, che lei deve aver scambiato per il numero di maglia di un giocatore dell’inter. Sta invece a indicare che la birra in questione è una triplo malto da dodici gradi. In pratica, una lattina di vino. L’ho bevuta un tre, quattro volte ed era quel periodo in cui continuavo a scrivere status romantici a cazzo su Facebook tra le sette e le otto di sera. Poi credo mi sia venuta l’epatite.

Rovisto in frigo senza speranza, alla ricerca di non so nemmeno bene io cosa. A un certo punto, scansando le acciughe e i cetriolini, le mie mani toccano una seconda lattina. La guardo. È quasi tutta rossa ma non è una Coca. Signore, ti ringrazio, forse in un impeto di esagerazione e affetto Paola mi ha comprato una seconda birra!

Leggo la marca. Mai sentita. guardo la gradazione per non avere sorprese-

È una birra analcolica.


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