17 febbraio

Oggi, a quanto pare, è la festa del gatto. Allora dedichiamo, a tutti i nostri pelosi soffiosi, fusosi, gioconi, piscioni, tremendi e inevitabili, presenti e passati e futuri, una poesia di Patrizia Cavalli (che poi sembra quasi una descrizione di quel famoso agguato):

Sempre voler capire. Non si può.
Bisogna cedere, bisogna ritirarsi,
bisogna fare come fanno i gatti
quando si acquattano, i muscoli in un fremito
contratti, prima di scagliarsi verso
una qualche preda, che sia per gioco
o che sia roba seria; o quando in ferocissimo
kabuki affrontano il rivale, e l’universo
intero allora si concentra, in un assorto
millimetrico avanzare, e poi
senza preavviso, forse perché si sta mettendo
male – la scusa è sempre una mosca o un moscerino
che si ritrova dalle loro parti –
guardano in giro, si fingono distratti,
loro che c’entrano? mica era sul serio!
Ma chissà, forse si distraggono davvero.

Oggi, tanti anni fa, un potere oscurantista mandava al rogo un grande visionario nolano, che ci ha ispirati al momento di dare il nome al nostro piccolo non-nolano. A entrambi dedichiamo quella canzone di Tori Amos che fa:

We scream in cathedrals
Why can’t it be beautiful
Why does there
Gotta be a sacrifice?


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