La somiglianza dell’uomo con Dio consiste nella sovranità sull’esistente, nello sguardo padronale, nel comando.
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L’estraniazione degli uomini dagli oggetti dominati non è il solo prezzo pagato per il dominio: con la reificazione dello spirito sono stati stregati anche i rapporti interni fra gli uomini, anche quelli di ognuno con se stesso. Il singolo si riduce a un nodo e crocevia di reazioni e comportamenti convenzionali che si attendono praticamente da lui. L’animismo aveva vivificato le cose; l’industrialismo reifica le anime.
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Il panico meridiano, in cui gli uomini si rendevano improvvisamente conto della natura come totalità, ha il suo corrispettivo in quello che, oggi, è pronto a scoppiare ad ogni istante: gli uomini attendono che il mondo senza uscita sia messo in fiamme da una totalità che essi stessi sono e su cui nulla possono.
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La maledizione del progresso incessante è l’incessante regressione. Questa regressione non si limita all’esperienza del mondo sensibile, che è legata alla vicinanza fisica, ma tocca anche l’intelletto padrone di sé, che si separa dall’esperienza sensibile per sottometterla. L’unificazione della funzione intellettuale, onde si realizza il dominio sui sensi, la riduzione del pensiero alla produzione di uniformità, implica l’impoverimento del pensiero come esperienza; la separazione dei due campi li lascia entrambi lesi e diminuiti.
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Gli uomini si distanziano col pensiero dalla natura per averla di fronte nella posizione in cui dominarla. Come la cosa, lo strumento materiale, che si mantiene identico in situazioni diverse, e separa così il mondo – caotico, multiforme e disparato – da ciò che è noto, uno ed identico, il concetto è lo strumento ideale, che si apprende a tutte le cose nel punto in cui si possono afferrare.
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I sensi sono determinati dall’apparato concettuale prima ancora che abbia luogo la percezione; il borghese vede a priori il mondo come la materia con cui se lo fabbrica.
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La ragione è, per l’illuminismo, l’agente chimico che assorbe in sé la sostanza specifica delle cose e la dissolve nella pura autonomia della ragione stessa. Per sfuggire al timore superstizioso della natura, esso ha smascherato implacabilmente le unità e le forme oggettive come travestimenti di un materiale caotico e ha condannato come schiavitù l’influsso di questo materiale sull’istanza umana, finché il soggetto è interamente diventato – in teoria – la sola, illimitata e vuota autorità.