Del perché qui non si lavora più

Stanotte pensavo a questo post. Come sapete, mi succede spesso di rigirarmi insonne nel letto e ruminare, e il fatto che sia arrivato un esserino con la sveglia incorporata non ha cambiato di una virgola la situazione: lui si sveglia perché vuole le crocchette la colazione, io mi sveglio perché lui fa casino, io mi trascino sonnolenta appresso a lui tutto il giorno, io resto lo stesso sveglia la notte. Amen.

Comunque (tenetevi forte che rischia di diventare un rant assurdo alla Grillo che vaffanculo tutti a casa vi odio e morite male).

Sono venti anni (quasi, ormai, mettete l’avverbio che preferite) che ho iniziato a studiare seriamente la materia, perché mi interessava, mi piace, mi pareva che potesse darmi qualche sbocco più interessante del solito ruolo commessa-donna delle pulizie-facchina-casalinga cui mi destinava tanta gente intorno a me. Venticinque anni se si considera il momento in cui ho iniziato a imbrattare i quaderni coi racconti invece che coi compiti, ma non conta quando decidi, conta quando inizi a farlo con cognizione di causa.

Insomma, sono venti anni che studio, e ancora penso di saperne pochino. Vent’anni però non sono venti giorni o venti mesi. Dopo tutto questo tempo a leggere, imparare, ripassare, controllare, rileggere, ristudiare, scrivere e riscrivere se uno non inizia a vedere qualche risultato concreto, si stufa. Ha la sensazione di aver sprecato talmente tanto tempo che non ha più voglia di impegnarsi in niente. Altri venti anni per provare a fare cosa?

In ogni modo, io qualcosina nell’editoria la faccio (facevo). Ho fatto la editor, per esempio. Un periodo con una piccola agenzia, un periodo da sola. Ed è nel secondo che sono venute le scoperte più istruttive. Si dice che da ogni libro si impara, anche dai più brutti. Per esempio, da alcuni libri brutti si impara a stare lontano dai wannabe*. Perché il wannabe è uno (più spesso una) che si è svegliato/a l’altro ieri e ha deciso di svoltare la vita diventando “scrittore/a indipendente”**

Da editor freelance ho imparato una cosa: che non voglio fare la editor per gente che non rispetta il contratto. E i wannabe, spiace dirlo, per la maggior parte sono così, che bisogna farci, hanno quel vizietto di volere il lavoro perfetto/in fretta/scontatissimo. Il contratto significa che io ti spiego tutto fin dall’inizio. Ti faccio anche una prova gratis, guarda un po’. E tu questa prova devi esaminarla. No che la metti da parte e dici “va bene”, per poi protestare che “non era quello che volevo” quando hai il lavoro tra le mani fatto e finito. Il contratto significa che se io ti dico due mesi di tempo perché ho anche un altro cliente in fila prima di te, non è che prima è “perfetto” e dopo una settimana vieni a rompermi i coglioni ogni mezz’ora perché lo vuoi fra tre giorni che ti hanno messo il pepe al culo e devi per forzissima pubblicare perché il mondo aspetta con ansia il tuo nuovo capolavoro.***

Perché io quello che prometto lo mantengo sempre.

Ora, parliamoci chiaro. Io ho anche sconsigliato i miei servizi. Se sei un autore alle prime armi non ti conviene venire a spendere da me, a meno che tu non voglia proprio investire i tuoi soldi per imparare. A meno che tu non sia sicura/o che venderai e ci rientrerai con le spese.**** Non vale la pena spendere tra i 400 e i 1000 euro (dipende dalle cartelle) per un romanzo che venderà poche copie, e se vuoi restare nell’editoria tradizionale conviene ancora meno: gli editori hanno i loro editor, o comunque lavorano con agenzie che conoscono. L’editing è uno dei doveri dell’editore. So di andare contro i miei stessi interessi, facendo questi discorsi, ma in fin dei conti è così. Sono fortunata ad avere l’editor in casa, ma comunque non pagherei mai un altro per farlo, e certo non perché mi senta chissà chi. Semplicemente, sarebbero soldi sprecati.*****

E ora è sopraggiunta anche la stanchezza. L’ultimo periodo in cui ho lavorato in modo continuativo mi ritrovavo a trascurare Giordano, mio figlio, che all’epoca aveva solo sei, sette mesi. È stato una mattina che lui mi guardava, tra il perplesso e il rassegnato, che mi sono detta basta. Mi spacco il culo su romanzi brutti******, prendo poco, mi becco gli insulti, perché? Non ci rientrerei nemmeno con le spese di un eventuale nido. Basta.

Ho smesso.*******

Ah, vorrei dire ai miei colleghi lì fuori, i freelance, che adesso, da un po’ di tempo, le wannabe hanno pure deciso che loro, avendo pubblicato tot libbbri (CD e FB in testa) sono abbastanza cresciute artisticamente da potersi buttare anche nel meraviglioso mondo dell’editing e arrotondare un po’ i proventi dei diritti d’autore. A mezzo euro la cartella. Cosa che piace molto alle altre self, in modo che ora abbiamo romanzi totalmente privi di refusi e anche di più (queste correggono anche i refusi inesistenti********) con le consuete trame raffazzonate e piene degli a quanto pare inesauribili soliti membri iperattivi e cavità vogliose. Invidiabile, no?*********

L’altro ieri chiedevo a mia sorella: perché non ho lasciato subito stare questa stronzata del lavoro nell’editoria? Perché non ho seguito mia madre, perché non ho imparato a cucire venti anni fa? Mi ha consolato un po’, che poi doveva scappare a casa coi figli e passare a prendere il pane.

*Li chiamo così. Non hanno né arte né parte, non sono capaci, ma guai a farglielo notare.

**Ai wannabe piace ammantarsi di un’aura autoriale. Emanano autorialità, ma sono solo incapaci che mettono insieme trame raffazzonate piene di cazzi duri e fiche bagnate, vendono un po’, poi spariscono per tornare il mese dopo con un nuovo romanzo (!1!!1!!11!!!!11!) ancora più brutto del primo. Le eccezioni per fortuna ci sono, ma il nocciolo duro è quello.

***Successe entrambe le cose. La prima ha rivoluto i soldi, che le ho dato per togliermela di mezzo, le stronze come lei sono peggio della rogna, se ti si attaccano serve il napalm per farle fuori. La seconda, tanto caruccia e gentile, non ha fatto altro che rompermi le ovaie perché tutto d’un tratto aveva fretta (il motivo lo immagino: un’altra autrice self che è uscita lo stesso periodo, sapete, la concorrenza spietata).

****Difficile in un mondo piccolo e asfittico dove le uniche persone che vogliono spendere i loro soldi per un romanzo cercano quello di cui sopra (cazzi duri e fiche bagnate).

*****Considerando poi che non scrivo di… questa roba qua sopra, ecco, ormai l’avrete capito.

******Nessun editor fa miracoli: una torta di cacca coperta di glassa resta pur sempre una torta di cacca, non si trasforma magicamente in Sacher.

*******In realtà qualche lavoro lo prendo ancora: con molte riserve e molte raccomandazioni. Sì, lavoro solo coi raccomandati, e consiglio di fare altrettanto.

********Successo anche questo. Una cretina che ha segnalato un errore (!) anche grave, a suo parere. In realtà non c’era alcun errore, la frase era chiarissima: è solo che ‘sta gente, questi cosiddetti analfabeti funzionali, manco sanno leggere. Però oh! Scrivono! Ed editano!

********* No, era giusto così per mettere un’altra asteriscata.

Ps: oh, se vi punge proprio vaghezza di sapere come sono andate poi le due “indipendenti” che ho editato per ultime? Le loro torte di cacca opere hanno venduto qualche copia, poi sono morte e defunte, coperte dalla mole di monnezza che i wannabe caricano ogni giorno su amazon. E la famosa e famigerata rivale, quella contro cui hanno fatto un bullismo schifoso da quattro soldi? Che io sappia, continua a vendere dopo più di sei mesi. Non la seguo, manco la conosco, ho solo letto l’anteprima e non è il mio genere. Ma mi fa piacere che lei stia ancora lì e le altre si arrabattino nell’esondazione di fango.


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