“Rapporto speculare” che potrebbe salvare qualcuno

(grazie alla mia amica Daniela per la definizione. “Rapporto speculare con le piante” è farina del suo sacco).

Ognuno ha le piante che si merita. Le mie sono bislacche, direi che forse me le merito. Dalla pianta di pomodorini che nasce casualmente e mi da più pomodori delle tre di cuori di bue comprate in vivaio, alle felci che non gradiscono molto l’ambiente anche se scuro e umido.
Le orchidee, tipo.
Fino a qualche anno fa non riuscivo a tenerne una più di qualche mese. Anzi, qualche settimana. Una in particolare, oggi viva, ma a lungo in bilico. L’avevo presa da Ikea, un ibriduccio migragnosetto, che dopo aver perso i fiori come natura comanda, ha iniziato a perdere le foglie e poi le radici. Avevo provato a fare la sfagnoterapia ma niente, era rimasto un torsolino, una falangetta secca. Non avendo il coraggio di buttarla ho provato a portarla da mia madre. Il resto è storia, quest’anno è pure fiorita. Avevo deciso di non mettere più nessuna orchidea in pericolo, per lo meno finché non riusciremo ad andarcene da qui (fingers crossed). Poi però è scattato qualcosa, non so cosa, mi ci arrovello la notte.
A parte che era appena morto Tillo-tillo, e il primo fiore che ho visto dopo averlo portato a riposare nel parco era una rosa gallica versicolor ma se un’orchidea è difficile da tenere qui, una rosa è impossibile. La seconda pianta è stata una phalaenopsis che ho trovato nel banco delle sfiorite. Vado a cercare le mie orchidee solo nel banco delle sfiorite, ormai, perché mi piace la sorpresa (e poi la vivaista le mette alla metà).
Questa pianta non solo non è morta, ma prospera. Ha foglie belle, radici bellissime. E steli. Ha tanti steli perché è come me: inizia un sacco di cose che però non porta a termine. Ora però, dopo un periodo di depressione, pare rivitalizzata, ha un nuovo stelo cicciotto in crescita, verde brillante, e chissà. Anche io ho una cosa verde brillante in crescita, e altre in incubazione.
Dopo di lei è venuto la paphiopedilum. Lei era ancora in fiore, sebbene ormai in declino, e infatti dopo pochi giorni lo ha perso. Ora ha un nuovo stelo, alto, con un fiore in procinto di aprirsi. E uno che sta spuntando, e forse un terzo (anche se non si vede bene e potrei sbagliarmi). L’orchidea per eccellenza, la famosa scarpetta di Venere, si dimostra davvero una signora. Quella che ho in casa è una signora equilibrata, sana, che fa le sue cose senza turbarsi per ciò che non può controllare, cercando sempre di crescere e migliorarsi. Ecco, come vorrei essere anche io.
La terza… Eh, la terza è stata una sorta di premio autoassegnatomi. Ma è strampalata. Di nuovo una phal, che però, boh, non fa steli. Non è che stia male, anzi, anche lei ha delle belle radici, e ne butta continuamente, e… e fa keiko* a tutto spiano. Keiko basali, pur non avendo segnali di stress o sintomi di prossima sepoltura. Così, tanto per. Tanti bei ciuffi di foglie verde scuro. Credo che lei sia io come potrei essere se invece che ciclicamente depressa fossi costantemente su di giri.**

* piantine figlie che di solito vengono sugli steli. Appunto, è raro che spuntino dalla base della pianta madre, e di solito quando succede, è il requiem per la povera pianta madre.

**La felce invece sono io quando mi deprimo. Oh, ne ho presa una rustica che sopravvive alle peggio condizioni. Eppure sta lì abbacchiata che mi dice “perché tutte a me?”


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