Ex Libris 246 (sperimentazione animale)

senza-colpa

Curioso posto, per parlare, una gabbia. Era davvero un buon posto, in realtà, per capire quello che succedeva là dentro. Il soffitto era piuttosto alto, c’era una sbarra che l’attraversava in orizzontale, a cui le scimmie potevano appendersi. Nessuna finestra, il pavimento di cemento, la solita paglia sporca e umida, un tombino al centro, le pareti macchiate, di uno sporco antico e indefinibile. E poi, naturalmente, quella puzza che avrei sempre associato al centro. La dottoressa Di Biagio aveva aspettato che ispezionassi la cella, che assimilassi per bene l’atmosfera che si respirava lì dentro, e sentissi i pensieri che, in quella cella, si sarebbero potuti pensare. In realtà, erano pensieri che conoscevo già, un carcere è una specie di zoo per gli esseri umani. I pensieri che possono sopravvivere in un carcere sono pensieri zoppi, storti, deformi: e uno scimpanzé, mi chiesi, non ci avevo mai pensato prima, in realtà, che tipo di pensieri può avere, su questo posto, e magari su quelli che ha conosciuto fuori di qui? Come se mi avesse letto nel pensiero, ma forse l’espressione del mio viso era più esplicita di quanto non mi rendessi conto, mi disse, quasi proseguendo lei il mio ragionamento, “Molti degli animali che sono vissuti…” – e morti, aggiunsi mentalmente – “in queste gabbie non hanno mai conosciuto altri ambienti che questi. Sono nati nel centro, vissuti nel centro, morti nel centro”. “E qualcuno” dissi io, anche se questa storia degli esperimenti non l’avevo capita fino in fondo, anche se ancora dovevo veramente capire che fosse successo, in questo posto, “è stato ucciso nel centro”.


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