V(ale)ntinamente

Un blog di gatti, natura, arti varie, fatti nostri, citazioni, sogni, politica, sport, libri, scrittura, realtà, fantasia, percezione. Un blog antispecista, antisessista, antifascista.

Come eravamo: Vale cronista sportiva (e il correttore più o meno automatico)

Storie di parrocchie, giornalismo in erba e capi redattori in-correggibili, decenni prima che Vale scrivesse su posti più seri.

Ad un certo momento dei tempi in cui la Vale – ahilei – frequentava la parrocchia, il prete aveva deciso di “resuscitare” il vecchio giornalino parrocchiale, ormai defunto e cristianamente sepolto da quarant’anni.
“Resuscitare” è una parola grossa, in realtà il giornalino sarebbe stato un clone come la pecora Dolly, una roba che in apparenza ricalcava la moda giornalistica degli anni cinquanta e sessanta, modernizzata. Come la pecora Dolly, però, aveva un problema: il materiale del dna era vecchio. Il giornale era nato già vecchio, sarebbe morto in fretta. La Vale ci aveva pensato, guardando gli sforzi dei redattori, chi più chi meno impegnato nella vita comunitaria, sghignazzando – la Vale – ai pamphlet inneggianti l’unione dei fedeli in una grande famiglia amorosa. Sghignazzava, lei, perché conosceva abbastanza retroscena da smentire abbondantemente il diktat “amatevi come io ho amato voi” impartito da Lui – c’erano vittime ed aguzzini, come accade ovunque, ma lì non si poteva dirlo, non ad alta voce, per lo meno.
Nessuno scrupolo di coscienza quindi, fino a quando il prete, non si sa per quali oscuri motivi, decise di sostituire gli allora cronisti sportivi proprio con la Vale. I due predecessori non erano granché bravi, a dirla tutta non sapevano scrivere. La Vale sapeva già scrivere, allora, ma non ne sapeva di calcio  (e in parrocchia, l’equazione sport = calcio è forte come nel resto d’Italia) ma accettò il posto, chissà perché. Forse non aveva di meglio da fare.
I primi articoli che produsse, a mano su fogli A4 con i buchi, li passava all’allora redattore capo, che li riscriveva su un mac e poi andava via di correttore automatico, producendo risultati spesso ambigui. La Vale aveva provato a dirglielo, di non usare il correttore automatico, ma a lui da un orecchio gli entrava e dall’altro gli usciva. La Vale decise che avrebbe scritto i suoi articoli direttamente sul computer – macchina avveniristica appena comprata dal padre, con word pad. Ma il suo era un pc, e comunque il Correttore Automatico del redattore capo non perdonava lo stesso.
Gli articoli diventavano alquanto surreali, ma il giornale prosperava, per quanto può prosperare un giornaletto parrocchiale.
Si può anzi dire che fosse nel pieno della sua breve età dell’oro.

***

La battaglia campale della Vale contro il Correttore Automatico pareva in stallo.
Lei continuava a fare il suo lavoro: scriveva i pezzi in word, corregeva i refusi, specificava di non modificare niente; il Perfido Correttore, da parte sua, faceva il proprio, di sporco lavoro: inseriva altri refusi, modificava le parole perché quelle usate dalla Vale non le conosceva, scambiava le minuscole e le maisucole.
La Vale continuava con pervicacia degna di miglior causa a chiedere al caporedattore di non toccare gli articoli, il capo continuava beatamente a fare quello che faceva.
Ma una domenica di pioggia l’ennesima violenza refusistica fece traboccare il vaso. La Vale aveva scritto, tanto per cambiare, la cronaca in diretta di una partita assai importante: la capolista del torneo parrocchiale aveva perso contro l’ultima in classifica, e di conseguenza i secondi erano passati in testa.
Quando ebbe tra le mani il giornale constatò con orrore che tutti i verbi erano al passato remoto.
La Vale furiosa andò dritta dal caporedattore:
«Ti avevo detto di non usare il correttore… hai rovinato l’articolo.»
«Quale correttore? I verbi li ho corretti io.»
La Vale tacque qualche istante.
«Così è meglio, no?», fiero.

Così finì l’avventura di Vale cronista  sportiva.


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