Questo è forse l’unico accenno di metodo che ho, non ascolto proprio mai gli altri. Può sembrare altamente arrogante e invece per me è metodo, perché credo che quello che passa nel tuo lavoro – sia un disco, sia un quadro, sia un romanzo – deve essere esclusivamente l’espressione di te, e non debba mai in nessun caso essere modificato neanche da un minimo dubbio istillato dall’esterno. Quella che entra nelle canzoni, nei testi, è una miscela che amo moltissimo di realtà e di bugia, che ho fatto diventare una specie di linguaggio personale. Quando scrivo cerco di raccontare alcune verità nitide, immediatamente controbilanciate da menzogne altrettanto precise, altrettanto chirurgicamente precise, perché le bugie quando si raccontano devono essere perfette. Tanto più nelle canzoni: devono essere quasi enigmistiche. C’è una capacità di menzogna divertita, quindi enigmistica, che nelle mie canzoni è sempre presente. A che cosa serve, è presto detto. Interpreta un ruolo preciso che deve rendere non autobiografico il lavoro di anni che senza la mediazione dell’alterazione della realtà diventerebbe odioso. La tua arte non può raccontare solo la tua vita, non può essere così limitata.