Ciò che fa funzionare il testo di una canzone è il suono che giunge alle orecchie, la sensazione delle sillabe sulla lingua. Se suonano “fisiologicamente” giuste, se la lingua del cantante e i neuroni specchio dell’ascoltatore risuonano per la squisita adeguatezza delle parole che sgorgano, allora questo aspetto prevarrà sul senso letterale, anche se il senso letterale non guasta. Se le recenti ipotesi neurologiche sui neuroni specchio sono corrette, allora si potrebbe dire che “cantiamo” empaticamente – con la mente e i neuroni che mettono in moto le corde vocali e il diaframma – quando vediamo e sentiamo qualcun altro che canta. In questo senso, guardare una performance e ascoltare musica sono sempre attività partecipative. L’atto di affidare parole alla carta è senza dubbio una parte essenziale del lavoro dell’autore di canzoni, ma la prova del nove è vedere che sensazione si prova nel cantarla. Se suona falsa, l’ascoltatore se ne accorgerà.