Giorni di ordinaria valutazione ad Artena

“Vedi lassù? Sono solo pietre e briganti.”
Cesare Mori/Giuliano Gemma ne Il prefetto di ferro, indicando Gangi/Artena

 

Chiunque per ventura passi di qui conosce le mie fissazioni per casaletti, orti, giardini con gallinelle razzolanti e laghetti vari con contorno di libellule. Con la nascita di GB le cose non sono cambiate né si sono attenuate… anzi, un certo senso di soffocamento, al pensiero dei probabili futuri di GB stesso, ci hanno spinto a cercare qualche soluzione alternativa.

Insomma, per farla breve: abbiamo fatto valutare la nostra casa di Silent Hill, per sapere di che morte dobbiamo morire avere una vaga idea di quanto valga. Insomma, da che base possiamo (o non possiamo) partire per pensare a un’evasione. Il risultato ufficiale ancora non è sulla nostra scrivania, ma ufficiosamente abbiamo avuto un assaggio di cosa abbia comportato comprare casa in un paesaccio come questo.

Ha comportato la totale svalutazione del patrimonio edilizio più antico. In altre parole: grazie alla lungimirante amministrazione dei due sindaci appena passati, il borgo che tutti dicono “un presepe!!1!11!oneone!!” è stato man mano sempre più ignorato, accelerando la condanna a morte che già gravava ai tempi della sindaca che ci sposò, nonostante tutto il riempirsi la bocca di piani colore e alberghi diffusi.

Il fatto che paghiamo fior di tasse non sposta di una virgola l’equazione: i nostri soldi vengono usati – chissà come? – ma di certo non qui al centro storico che ormai, senza più posta né municipio (chissà quanto resisterà la scuola) è diventato un puro fondale per processioni e sfilate con sbandieratori. L’anno scorso ci siamo fatti tutta l’estate con le erbe spontanee e le zanzare a banchettare indisturbate, sì, insomma, per la prima volta in nove anni che siamo qui il comune si è sbadatamente dimenticato degli interventi di disinfestazione… lasciamo stare quello che penso io delle disinfestazioni, per un momento. La differenza si è vista, si è sentita, e non certo perché quel periodo avevo un grosso feto nel ventre. Un giorno sono tornata a casa e ho trovato la mia vicina che aveva ripulito il nostro tratto di strada da parietaria e ortiche, facendo il lavoro che avrebbe dovuto fornire il comune che si prende i nostri soldi.

Sembro un po’ fissata, con i nostri soldi, vero? Beh, lo sono. Quando io vedo che un’amministrazione che pago non solo non mi fornisce i più elementari servizi, ma inizia a togliere i pochi che ancora ho, come dire?, divento un po’ monomaniaca. Divento un po’ più attaccata ai miei soldi, e mi riesce più difficile darli a loro senza protestare.

Quanto, quanto ancora dovremo sopportare questo stato di cose?

E non mi dite di votare meglio alle prossime amministrative:* qui vincono solo i palazzinari, quelli che amano tanto i miei soldi ma amano un po’ meno fornirmi quei servizi che le mie tasse dovrebbero pagare.

Il risultato? Ho comprato una casa che non solo non ha aumentato di valore, nonostante gli interventi (è termicamente isolata, ha la caldaia a condensazione e gli impianti nuovi, è finalmente accatastata come si deve e ha una bella corte) ma ha pure perso valore.

E no, non lo riacquisterà, col tempo, perché questo borgo non risusciterà. Questo borgo morirà, fra un anno o dieci non lo so: la gente che ne ha la possibilità ha già fatto le valigie e probabilmente si accontenterà di svendere casa, perché così funziona, se non vuoi tenerti il rudere sul groppone. Il paese continuerà a vuotarsi, quando anche gli stranieri smetteranno di pagare affitti vergognosi per i buchi umidi e puzzolenti che i proprietari pretendono, e quando i vecchi indigeni che resistono perché qui hanno sempre vissuto saranno tutti morti. Allora il tempo manderà i suoi emissari e completare l’opera: parietaria e ortiche già sono al lavoro. Le termiti anche, e torneranno i topi, e gli arbusti, e il vento e la pioggia si infiltreranno negli infissi e tra le pietre. Un’altra Castiglioncello preappenninica, una Civita di Bagnoregio che non sarà recuperata.**

Forse per allora saremo riusciti, dopotutto, a svincolarci da tutto questo. Forse anche a noi resterà “sul groppone” una casa abbandonata che nessuno vuole, nessuno curerà più e che contribuirà alla fantasmizzazione del borgo. Per quel che mi riguarda, se per quel giorno avrò la possibilità di vivere dignitosamente altrove, sarò pure felice di consegnare questa casa a ortiche, topi e uccelli. È stata una buona casa per me, continuerà ad esserlo ancora per un po’, non so quanto, forse un anno, più probabilmente cinque o dieci, non ha più molta importanza.

Ormai ho capito che il borgo punta a barra dritta in quella direzione, e va bene. Qualsiasi direzione, a questo punto, va bene, era importante saperlo, però. E adesso continuo con le scritture, gli editing, Ale e GB. Ciò che non t’ammazza, ti rende più forte, per parafrasare Nietzsche.

 

* Il “nostro” candidato alle ultime due elezioni, quello che aveva un programma condivisibile, è arrivato una volta quarto e l’altra terzo, sempre su quattro.

** Una scena così è in uno dei romanzi cui stiamo lavorando: almeno mettiamo a frutto creativamente quel che dobbiamo sopportare quotidianamente.

 


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