Ex Libris 218 (sospensioni)

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I diritti, si osserva, producono diseconomie, sì che i sistemi autoritari, soprattutto nelle versioni più rassicuranti della “democrazia autoritaria”, seducono, appaiono come quelli che più sono in grado di garantire l’efficienza economica. Apparentemente più temperata si presenta la versione che propone i diritti come un lusso, che non si presenta la versione che propone i diritti come un lusso, che non ci si può permettere in tempi di crisi, di risorse scarse, di passaggio da un ordine economico all’altro. Questo è un velo che copre strategie diverse: lo scambio tra un allargamento dei diritti sociali e la cancellazione di quelli civili e politici, tipico dei regimi autoritari; la negazione dei diritti sociali come veri diritti, per il loro necessario legame con la distribuzione delle risorse disponibili, che rimane un connotato della discussione tra gli studiosi e delle pratiche concrete in sistemi pur assistiti dal crisma della democrazia; l’eterna politica dei “due tempi”, che non conosce mai l’avvento del secondo. Comune a queste diverse posizioni, e ad altre simili, è la sostanziale “sospensione” di garanzie costituzionali, sppunto quelle che riguardano i limiti delle attività economiche e le politiche sociali. Una operazione, questa, che sembra più accettabile delle sospensioni classiche, quelle che, in primo luogo per ragioni di ordine pubblico interno e internazionale, hanno invece come oggetto i diritti civili e politici. Di queste ultime, infatti, si percepisce con immediatezzza una sostanziale incompatibilità con i principi democratici, sì che sono stati messi a punto strumenti per ridurne almeno gli aspetti più negativi, subordinando la legittimità della sospensione o dell’affievolimento alla presenza di situazioni particolarmente gravi e alla loro temporaneità (anche se inquietanti ossimori come “guerra infinita”, “emergenza permanente”, “tortura umanitaria” hanno eroso anche questo tipo di garanzie). Nulla di paragonabile  si ritrova per i diritti sociali, per i quali la categoria di “sospensione” finisce quasi con il connotare una loro ineliminabile natura, che li affida al mutare dei rapporti di forza e alla distribuzione delle risorse, negando in tal modo ogni loro vero radicamento nella dimensione del diritto.


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