C’è un’altra Roma, di notte. Che non è quella che fa tardi ai cinema, ai concerti, alle feste, ai raduni di vario genere. O quella dell’insonnia. È quella che fa del silenzio la sua arma migliore. Che non ha paura delle ombre, perché essa stessa è un’ombra.
«Stavano neri al lume della luna / gli erti cipressi, guglie di basalto, / quando tra l’ombre svoltò rapido una / ombra dall’alto: / ombra sognata d’un volar di piume, / orma di un soffio molle di velluto, / che passò l’ombre e scivolò nel lume / pallido e muto»: Giovanni Pascoli, La civetta.
Nella Roma di notte vivono altre comunità, nonostante la luce dei lampioni o, all’opposto, grazie ad essa. La notte è dei gufi, delle volpi, dei rospi, delle falene. Dei pipistrelli. Dei fiori che si chiudono, del profumo degli alberi.