Il giorno più bello della mia vita

Ci sono questi link fatti da babbione deficienti, tipo quello che dice “I due giorni più felici di ogni donna: quando si sposa e quando diventa madre”. Che devi proprio essere tanto ma tanto deficiente, per scrivere una cosa di questo tipo.

Il giorno che mi sono sposata, certo che ero felice, ma il “più” felice? Stavo soltanto facendo quello che volevo e avevo deciso. Sposarmi non è stata una delle cose migliori che mi siano capitate (incontrare Ale, per esempio, lo è stato), perché avrei anche potuto decidere di non farlo, di convivere semplicemente. È questo stato in cui i diritti dei singoli contano meno dei proclami elettorali, che mi ha costretto a sposarmi. E vabbe’.
Il giorno in cui sono diventata madre? Uno dei più brutti della mia vita. Vero che ce ne sono stati e ce ne saranno di molto peggiori, ma quando sono diventata madre, ecco, citerei qualche stato d’animo ma non la felicità. Mi è preso il terrore quando, la mattina alle tre dopo la pipì (altra voce del verbo “cazzate sulla gravidanza” e “quanto stai bene” e “non c’è niente da fa’, una donna incinta è più bella” e “dolce attesa” e così via: ho odiato ogni singolo giorno della gravidanza), alzandomi dal water, ho scoperto che continuavo a ruscellare. Non so come ho fatto a riuscire a svegliare Ale e dirglielo. Non parliamo poi delle solite cazzate che trovi scritte nei libri: mettetevi un assorbente e con calma fatevi accompagnare all’ospedale. Assorbente? Ahahahahah, ma davvero tu ginecologa non hai idea di quello che vien fuori da lì quando si “rompono le membrane”? Non parliamo poi delle esplorazioni vaginali. Che se me lo dicevano chiaro e tondo, altro che “tenta prima con l’epidurale”. Ma cesareo di corsa e senza nemmeno pensarci. E no che ogni tizia che entrava in sala parto prendeva e mi metteva le dita in figa.
“E ma quando sei lì non te ne accorgi nemmeno”. Io lo so, tu lo sai, la mia figa no, e se smette di collaborare non so che farci.
E parliamo anche della motivazione scritta sulla cartella clinica che giustifichi il cesareo? Poverini, qualcosa dovranno pur scriverci no?, e allora via con lo “stato psichico alterato” e il “vaginismo acuto”. Mica che la foca si è bellamente messa a dormire e non ha nessuna intenzione di scendere.
“Ma il bambino si spinge fuori da solo con i piedi, tu devi solo aiutarlo”. Lo sai tu e lo so io, Giordano non lo sapeva, non è colpa mia se ha deciso di farsi un sonnellino di straforo.
Concludiamo con le visite durante la degenza? Che mi guardavano tutti come se fossi una povera mentecatta? Ma sì, dai. Meno male che l’hanno piantata di sfrucugliarmi, a parte quello che mi ha palpato nella pelle flaccida del ventre per controllare che l’utero stesse tornando a posto.
Ah, ma voi volevate sapere qual è stato il giorno più bello della mia vita! Eh, è stato quando Ale mi ha passato la sua revisione di Febbre Verde. Vedere cosa era diventata la mia bozza schifiduzza dopo che lui ci aveva messo le mani, sì, si avvicina parecchio al mio concetto di “felicità assoluta”.

– fine seconda parte –


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