Ex Libris 207 (…e perché gli OGM risolveranno un sacco di problemi!!!1!11!!! La fame nel mondo!1!!!!11!1!oneone!!1!)

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La biodiversità, la ricchezza genetica che garantisce vita ed equilibrio, è minacciata dalla diffusione di varietà transgeniche. Queste, coperte da brevetto e inserite in filiere che escludono i piccoli agricoltori, sono dotate di un gene killer che rende sterili i semi e obbliga a comprarne ogni anno di nuovi, che si diffondono al posto delle innumerevoli varietà locali. Il processo millenario di miglioramento genetico, opera di anonimi agricoltori o di istituzioni pubbliche, si esaurisce nell’ultimo passo: su un genoma costruitosi nei secoli basta introdurre un singolo gene perché esso passi nelle mani di un privato e se ne possa disporre solo pagando salate royalties.

Già nel 1970, premiando con un Nobel per la Pace un agronomo che aveva promosso una «rivoluzione» verde, basata sulla genetica avanzata e sui fertilizzanti di sintesi industriale, ci si era illusi che presto il problema della fame nel mondo sarebbe stato risolto. Così non è stato, anzi sono sorti e cresciuti nuovi problemi, come la desertificazione, l’erosione, l’inquinamento delle acque e dei suoli. Con gli ogm si ripercorrono le stesse strade: si guarda al sistema agricolo come a una somma di parti, organismi e tecniche che, seppure interagiscono, si affrontano singolarmente, non considerando l’equilibrio come il bene più prezioso. Si dimentica il fattore più importante, quando si considera un frutteto solo come macchina economica e non come sistema multifunzionale. Tra gli alberi da frutto il serpente è sempre in agguato. Anche se la tecnica tradizionale ha fatto fare passi da gigante, abbassando i costi e migliorando i prodotti, gli interessi industriali legati agli ogm sono crescenti. Molti obiettivi appaiono risibili e certamente non adeguati ai possibili rischi: ha senso entrare dentro i meccanismi della vita per trasferire gli aromi della fragolina di bosco alle fragole coltivate o la vitamina C dalle pesche bianche alle gialle? L’albero che temiamo è come quello di Kurt Vonnegut: «Faceva i soldi. Aveva come foglie dei biglietti da venti dollari. I suoi fiori erano titoli di Stato, i suoi frutti erano diamanti. Attirava gli esseri umani, che s’ammazzavano tra loro intorno alle sue radici e così diventavano un ottimo fertilizzante».


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