Sempre Valentina, nei suoi primi tempi sul blog, si esercitava con un raccontino a tema, guardate un po’ il caso, gattesco.
1
Un male oscuro se lo portò via. Una noce di cellule pazze, che nessuno si preoccupò di curare.
Era solo un gatto, dicevano.
I suoi occhi erano verdi laghi di dolore. La sua voce melodiosa invocava qualcuno.
Rispose la Nera Signora, che si prese il suo respiro, e lo rese bello.
Un fremito percorse il pelo, che divenne lucido come non lo era mai stato.
Mani femminili lo seppellirono sotto un albero.2
La Scuola gli aveva insegnato il Bene e il Male. Il Padre gli aveva insegnato a servire l’Uomo.
La Religione gli aveva insegnato che solo gli uomini raggiungono Dio.
Gli animali, no, aveva detto suo Padre. Lui, giovane sacerdote fervente, gli aveva creduto, ed aveva iniziato a divulgare la sua Verità.3
L’uomo visse in modo retto. Consolava le vedove, calmava l’animo ferito degli operai, portava Dio nella casa di chi non credeva. Prendeva soldi dai ricchi, e li distribuiva fra i bisognosi.
Ma quando qualche bambina perdeva il suo cucciolo, e gli chiedeva se l’avrebbe aspettata in paradiso, lui dolcemente faceva capire a quell’anima ingenua che solo gli uomini hanno diritto a vedere Dio. Gli animali non hanno anima, diceva.4
Il vecchio prete morì, e già qualcuno lo chiamava beato.
Andò dritto in Paradiso.5
Alle porte del Paradiso doveva esserci san Pietro, ad accoglierlo.
Ma era tutto deserto. Una lunga cancellata che separava un verdissimo prato dalle soffici nuvole su cui lui posava i piedi nudi.
Vide un movimento, nel prato al di là del cancello.
Era un animale sinuoso, lucido, che procedeva con l’agilità di un gatto.
Era un gatto dagli occhi come verdi laghi e la voce melodiosa.
«Perché sei qui?» chiese.
«Perché sono stato un uomo buono, e ho servito Dio».
Il gatto si sedette, e si leccò una zampa, prima di rispondergli:
«Io credo che nella tua vita, tu abbia sbagliato tutto. E questo non è il posto per te. Ma non sono io che devo decidere. Vieni».6
Il grande cancello si aprì, e l’uomo entrò.
Il gatto lo precedette in un lungo viale alberato, fino ad un tendone, in cui, disse, c’era Dio. Dio lo avrebbe giudicato per le azioni commesse sulla terra.
L’uomo, spinto dal gatto, entrò.
C’era penombra nella tenda. Dio era una massa grande e scura dall’altra parte, seduto su morbidi cuscini.
L’uomo pensò a un re che si riposa dopo una battaglia.
Tossì piano, per attirare l’attenzione.
Dio aprì gli occhi, come un cielo soleggiato di estate, e lo guardò a lungo.
Poi, espresse il suo giudizio.«Miaw».
(A Gigi, Chicca, Pelucco, Kira, Grigetta, Micio, Solitaria…)