Da queste parti, forse i nostri 27 lettori se lo ricordano, tendiamo a credere che la lotta per la liberazione della società e del pensiero è letteralmente la stessa, ovverosia una lotta contro il dominio, per usare un termine adorniano. Una lotta che va ad articolarsi in forme teoriche e di attivismo ben precise, ma che non si chiude nel proprio recinto, paga di conquiste parziali, e rimane invece sempre attenta e aperta alle connessioni, alle corrispondenze.
Per questo riteniamo che le forme più utili di riflessione sullo stato attuale della società siano quelle che vanno a cercare le intersezioni concettuali tra i discorsi, a fecondarli reciprocamente, a proporre letture che considerano molteplici punti di vista sui problemi, non li imbozzolano in un contenitore di pensiero unico (per quanto “contro”) ma li illuminano con diversi fasci di luce per meglio decrittare le strategie della repressione e delle concezioni dominanti. Il discorso controculturale deve trovare una piattaforma comune su cui affrontare temi troppo spesso disgiunti come giustizia sociale, ecologia, diritti dei viventi (umani e non), lotta contro il razzismo, il sessismo, l’omofobia, lo specismo, il liberismo. Contro ogni sfruttamento dello sfruttabile: del territorio, degli animali, delle donne, dei bambini.
Sempre per questo nella colonna qui accanto consigliamo la lettura di una pagina come Intersezioni, e in particolare gli interventi di Feminoska (che in passato già più volte abbiamo segnalato – vedi qui, o qui), sempre vigili nella denuncia della reificazione femminile/animale (come in quest’ultimo sul consumo parallelo del corpo della donna e di quello della vacca – laddove una lettura femminista classica si sarebbe incentrata sulla rappresentazione della donna, eludendo l’altro corpo femminile presente, mentre una animalista basica non si sarebbe peritata di dare della “troia” all’umana) e lucidi nell’intersezionare gli strumenti del femminismo con quelli dell’antispecismo. Una firma da seguire, un modello da meditare e moltiplicare.