Il mondo non è nostro (Piccolo sbrocco originato da un articolo di Marco Lodoli)

Mi è capitato di leggere, tempo fa e per sbaglio, sulla cronaca di Roma di “Repubblica” un “chiamiamolo articolo” a firma di Marco Lodoli, sugli animali in città. Il pezzo, vabeh, è un concentrato di vecchiettismi, luoghi comuni, ignoranza e faciloneria, non vale la pena leggerlo.

Passato il rodimento dato, più che per la monnezza prodotta da Lodoli, dalla consapevolezza che “Repubblica” fa scrivere cose delicate come il rapporto sapiens-altri animali a un incompetente del genere, mi sono messa a pensare. Pensa che ti ripensa, sono nel frattempo passate e settimane e letture (come, di tenore radicalmente opposto, a proposito di animalità, lo straordinario Guida il tuo carro sulle ossa dei morti di Olga Tokarczuk) sotto i miei occhi. E ho pensato che la città, pur se costrutto umano, in fondo non appartiene ai sapiens più di quanto non appartenga loro il pianeta. Lodoli usa termini offensivi (non offensivi per gli animali in sé, che se ne fregano di Lodoli stesso) ma per me, per la mia sensibilità, e per la mia intelligenza. Gli “uccellacci” che in città occupano, a detta sua e di troppa gente, spazi abusivamente. Come se i sapiens non occupassero abusivamente ogni spazio, non solo i luoghi scelti per costruirsi la tana, come villaggi e città. I sapiens tendono a occupare tutto lo spazio, a prescindere dalla reale necessità di riposo-lavoro-divertimento. Gli “uccellacci”, i gabbiani che prendono possesso di piazza del Popolo dopo le dieci di sera non fanno altro che adattarsi ai cambiamenti che i sapiens impongono al pianeta. Occupano uno spazio che non solo hanno di diritto, ma che diventa una sorta di risarcimento. Ogni tanto c’è quello che fa i proclami “allarme, fra un po’ finisce il pesce nel mare”, e magari non accenna alle tonnellate di pesce morto che “sprecano” buttandolo in mare già dai pescherecci. O sul retro dei supermercati. O dal frigo della gente che lo compra. Ma se il pesce non c’è per i sapiens, non ci sarà nemmeno per gli “uccellacci”, no, caro Lodoli? Non pensi che quelli, da mangiare, da qualche parte devono pur andarlo a cercare? Oh, ma no… sono solo animalacci fastidiosi, eh.

Sapete che penso? Che a parte tragedie inevitabili come quella del Nepal (anche se, a proposito di terremoti, c’è tanto da parlare a proposito dei sistemi di costruzione che nel ventunesimo secolo non possono essere rimasti ai tempi del “gettiamo cemento ovunque”, visto che la terra trema, ha sempre tremato, e continuerà a tremare ancora a lungo), considerando le cicliche colate di fango in Liguria, le alluvioni ovunque ci siano fiumi imbrigliati in argini sempre più stretti, le frane dove i boschi non regolano più l’orografia delle montagne ecc. ecc., eh, mi viene da pensare, cazzarola ce le cerchiamo proprio. Il mondo non appartiene ai sapiens, siamo solo affittuari di passaggio in questa casa, la natura si riprende sempre quello che sapiens tenta di toglierle, e continuare a tacciare noi di essere animalari pazzi che si occupano solo di cazzate ambientalare è un atteggiamento, come dire, come di uno che si preoccupa per l’acne e pazienza per il tumore ai polmoni. Ah, sì, suicida, ecco la parola che cercavo.


3 risposte a "Il mondo non è nostro (Piccolo sbrocco originato da un articolo di Marco Lodoli)"

  1. Tanto per precisare, il termine “vecchiettismo” l’ho trovato nel blog delle Malvestite, riferito a Moccia, ma benissimo si addice a Lodoli.

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