Dopo un così lungo, sfibrante e sterile inverno, il Sole agiva pessimamente anche su di me. La mattina non riuscivo a dormire, mi alzavo all’alba e mi sentivo sempre inquieta. Per tutto l’inverno mi ero dovuta difendere dal vento che soffiava senza sosta sull’Altipiano, ora spalancavo finestre e porte perché entrasse in casa e soffiasse via le inquietudini stantie e ogni Disturbo.
Tutto cominciava ad avvampare, si sentiva sotto l’erba, sotto la scorza della terra, una vibrazione febbrile, come se di lì a un attimo i grandi nervi sotterranei, gonfi per lo sforzo, dovessero scoppiare. Faticavo ad allontanare la sensazione che lì sotto si celasse una volontà potente, impulsiva, ripugnante come la forza che imponeva alle Rane di salire l’una sull’altra e di copulare all’infinito nello stagno di Bietolone.
Non appena il Sole si abbassava sull’orizzonte, cominciava ad apparire regolarmente una famiglia di Pipistrelli. Arrivavano senza un fruscio, morbidi, il loro volo mi sembrava sempre umido. Una volta ne contai dodici, mentre volavano intorno a ogni casa, l’una dopo l’altra. Mi piacerebbe molto sapere come vedono il mondo i Pipistrelli; almeno una volta vorrei sorvolare l’Altipiano dentro il loro corpo. Che aspetto abbiamo noi tutti quaggiù, visti dai loro sensi? Sembriamo ombre? Fasci di vibrazioni, fonti di rumore?
Verso sera mi sedevo davanti a casa e aspettavo che comparissero, che arrivassero uno a uno da sopra la casa del Professore, a fare visita a tuti uno alla volta. Agitavo delicatamente la mano per dar loro il benvenuto. In fondo avevo molte cose in comune con loro: anch’io vedevo il mondo da una prospettiva diversa, alla rovescia. Anch’io preferivo il Crepuscolo. Non ero adatta a vivere sotto il Sole.Ma poi al’improvviso un pianeta in corsa folle oltrepassò un punto invisibile e si compì il cambiamento, uno di quelli di cui noi quaggiù non siamo nemmeno consapevoli. Forse soltanto minuscoli segni ci rivelano quell’evento cosmico, ma non notiamo nemmeno questi. Qualcuno ha pestato un ramoscello sul sentiero, nel congelatore si è spaccata la birra che abbiamo dimenticato di tirar fuori in tempo, dal cespuglio di rosa canina sono caduti due frutti rossi. Come facciamo a comprendere tutto questo?
È chiaro che il grandioso è contenuto nell’infimo. Non c’è dubbio, cari signori, Sul tavolo, mentre scrivo queste parole, giace la configurazione planetaria, e addirittura il Cosmo intero. Un termometro, una moneta, un cucchiaio di alluminio e una tazza di ceramica di Faenza. Le chiavi, il cellulare, la carta e la biro. E un mio capello bianco, nei cui atomi è conservata la memoria del principio della vita, della Catastrofe cosmica che ha dato inizio al mondo.Era una Notte molto chiara. Il plenilunio di giugno si chiama plenilunio della Luna azzurra, perché la Luna assume una bellissima sfumatura azzurra. Secondo le mie Efemeridi questa Notte dura soltanto cinque ore.
Stavamo seduti nel frutteto sotto il vecchio melo, sul quale le mele stavano già allegando. Il frutteto profumava e frusciava. Avevo perso la cognizione del tempo e ogni pausa fra le frasi pronunciate mi sembrava interminabile. Davanti a noi si era aperta una infinità di tempo. Abbiamo chiacchierato per secoli interi, abbiamo parlato sempre della stessa cosa, la stessa cosa ora con una bocca ora con altre bocche, e nessuno di noi ricordava che l’argomento su cui si stava polemizzando era lo stesso che aveva difeso poco prima. O meglio, non polemizzavamo affatto; conducevamo un dialogo, tre faune, un diverso tipo di essere umani, mezzo umano e mezzo animale. E mi sono resa conto che eravamo in tanti nel giardino e nel bosco, che avevamo il muso ricoperto di setole. Creature strane. E i Pipistrelli avevano affollato l’albero e cantavano. Le loro sottilissime voci vibranti urtavano le particelle microscopiche della nebbia, perciò la Notte intorno a noi cominciava a risuonare pian piano, richiamando tutte le Creature alla liturgia notturna.“Pensavo che lei, in quanto Scrittrice, avesse fantasia e capacità tali da elaborare una visione non si chiudesse di fronte a ciò che a una prima occhiata sembra inverosimile. Lei dovrebbe sapere che tutto ciò che possiamo pensare è un tipo di verità”, citai Blake per concludere e, a quanto mi parve, questo le fece una certa impressione.
Ecco che dopo la pioggia era apparsa Sirio, si era alzato il timone del Grande Carro… Mi chiedevo se le stelle ci vedano, E se sì, che cosa possano pensare di noi. Conoscono veramente il nostro futuro? Ci commiserano per il fatto che siamo conficcati nel presente, senza nessuna possibilità di movimento? Ma pensavo anche che, nonostante tutto, nonostante la nostra fragilità e ignoranza, abbiamo uno straordinario vantaggio sulle stelle: è per noi che il tempo lavora, dandoci la grande opportunità di trasformare un mondo sofferente e pieno di dolore in un mondo felice e tranquillo. Sono le stelle a essere imprigionate nella loro potenza e in realtà non ci possono aiutare. Progettano soltanto delle reti, tessono sui telai del Cosmo orditi che noi dobbiamo riempire con la nostra trama. E allora mi venne in mente un’Ipotesi interessante. Che forse le stelle ci vedono così come noi vediamo per esempio i nostri Cani: avendo una maggiore consapevolezza, in alcuni momenti sappiamo meglio che cosa sia bene per loro; li teniamo al guinzaglio per non perderli, li sterilizziamo perché non si moltiplichino dissennatamente, li portiamo dal veterinario per curarli. E loro non capiscono come mai, perché, a che scopo. Però si sottomettono a noi. Dunque, fose, anche noi dovremmo sottometterci agli influssi delle stelle, ma nello stesso tempo stimolare la nostra sensibilità di uomini.
Le scintille giungono dalla sorgente stessa della luce e sono formate da un chiarore purissimo, così dicono le leggende più antiche. Quando deve nascere un Essere umano, una scintilla comincia a cadere. Dapprima volta attraverso le tenebre dello spazio cosmico, poi attraverso le galassie e infine, prima di cadere qui, sulla Terra, sbatte, poveretta, contro le orbite dei pianeti. Ognuno di questi sporca la scintilla con delle Caratteristiche, ed essa si oscura e affievolisce.
Meditai a lungo su ciò che aveva detto la Cinerea. E penso che coincida con una mia Teoria. Ritengo infatti che la psiche umana sia nata per tutelarci dal vedere la verità. Per non consentirci di scorgerne direttamente il meccanismo. La psiche è il nostro sistema di difesa: si adopera per non farci mai comprendere ciò che ci circonda. Si occupa principalmente di filtrare le informazioni, sebbene le possibilità del nostro cervello siano enormi. Perché quel sapere non sarebbe sostenibile. Ogni minima particella del mondo si compone infatti di sofferenza.
Tuttavia, dopo i primi piacevoli momenti di distensione, ritornavano sempre le mie antiche domande dell’infanzia. Probabilmente perché sono un po’ infantile di natura. Come fa Dio a esaudire contemporaneamente tutte le preghiere in tutto il mondo? E se sono in contrasto l’una con l’altra? Deve ascoltare le preghiere di tutti i figli di buona donna, dei demòni, delle persone cattive? E loro pregano? Ci sono luoghi dove questo Dio non c’è? C’è per esempio nell’allevamento delle Volpi? E che cosa ne pensa? O nel mattatoio di Wnętrzach? Ci passa mai da quelle parti? Lo so che sono domande sciocche e ingenue. I teologi mi sfotterebbero. Ho la testa di legno, come quegli angeli appesi sotto la volta del cielo artificiale.
“Agnello di Dio…” rimbombò al di sopra delle nostre teste e udii un rumore strano, un flebile tambureggiare da ogni parte: la gente, pregando l’Agnello, si batteva il petto.
Poi mossero verso l’altare, scivolavano via dalle panche con le mani giunte e gli occhi bassi, peccatori contriti, in tutto quel passare nacque una baraonda, però tutti avevano più buona volontà del solito, perciò, senza guardarsi l’un l’altro, cedevano il passo, mortalmente seri.
Non riuscivo a smettere di pensare a questo: che cosa avessero in pancia. Che cosa avevano mangiato oggi e ieri, se avevano già digerito il prosciutto, se nel loro stomaco si erano già fatti largo Galline, Conigli e Vitelli.Ora mi era chiaro perché le torrette di tiro, che pure ricordano piuttosto le torrette delle sentinelle dei campi di concentramento, si chiamano pulpiti. Sul pulpito l’Uomo si pone al di sopra degli altri Esseri e si attribuisce il diritto di vita e di morte nei loro confronti. Diventa tiranno e usurpatore.
Guardavo due Gazze che se la spassavano sull’aiuola davanti alla canonica, come se volessero divertirmi. Come se dicessero: non te la prendere, il tempo lavora per noi, l’opera si deve compiere, non c’è altra soluzione…
Il raccolto della mia vita non è fondamento di nulla, né nel mio tempo, adesso, né in nessun altro tempo, mai.
Ma perché dovremmo essere utili, e rispetto a chi? Chi ha diviso il mondo in inutile e utile, e con quale diritto? Il cardo non ha il diritto di vivere, oppure il Topo che mangia il grano nei depositi, le Api e i Fuchi, la gramigna e le rose? Ma quale mente ha avuto la faccia tosta di giudicare chi è migliore e chi peggiore? L’albero grande, storto e pieno di buchi, è durato per secoli e non è stato tagliato perché in nessun caso se ne sarebbe potuto fare alcunché. Questo esempio dovrebbe risollevare lo spirito di quelli come me. Tutti conoscono i vantaggi dell’utile, ma nessuno conosce il profitto dell’inutile.