Registrammo pure una meravigliosa versione di Guinnevere, che è cazzutissima da cantare. Anni dopo, fu appannaggio di uno come Miles Davis. Al tempo, era impegnato nella lavorazione di Bitches Brew e si imbatté in Crosby nel Village. “Ciao Dave”, disse, “ho registrato un tuo brano, Guinnevere. Ti va di sentirlo?”. Miles aveva un braccio intorno a una bionda alta e dalle lunghe gambe che voleva scoparsi, per cui i tre tornarono nel suo appartamento per sentire Guinnevere. Miles mise su la canzone, una versione di venti minuti che puntava in miriadi di direzioni cosmiche e andò in camera da letto con la bionda, lasciando David lì a fumare erba e ad ascoltare l’incisione. Mezz’ora dopo, Miles spuntò dalla camera da letto. “Allora Dave, che te ne pare?” Crosby gli scoccò una delle sue classiche occhiatacce. “Be’, Miles, il brano puoi usarlo, ma dovrai togliere il mio nome.”. Miles era avvilito. “Non ti piace?”, chiese? Crosby si rifiutò di stemperare la sua opinione persino di fronte a una personalità di primo piano come Miles Davis. “No, amico, no. Non mi piace per niente”.
Una decina d’anni dopo, ero a una festicciola dopo i Grammys al Mr. Chow di Los Angeles e vidi Miles fare il suo ingresso insieme a Cicely Tyson. Incrociò il mio sguardo e iniziò a gesticolare insistentemente al mio indirizzo. Mi guardai alle spalle, certo che stesse rivolgendo quel gesto a qualcun altro.
“No, no, vieni qui”, insisté. Quando giunsi a distanza sufficiente per udirlo, si sporse in avanti e, con la sua voce bassa e profonda, chiese: “Crosby è ancora incazzato con me?”
Io dissi: “Ti riferisci a Guinnevere?”
“Già”, disse annuendo. “È ancora incazzato?”
“Non credo, Miles. Era troppo sballato oppure non era dell’umore giusto per sentire la tua versione. Probabilmente, si aspettava che gli accordi fossero uguali ai suoi, ma non credo che sia minimamente incazzato con te”.
Miles ci riflettè sopra con intensità socratica. “Okay. Salutami David. Digli che spero non sia ancora incazzato”.