Ok, va bene, lo avevo detto, e lo ribadisco: sarà pure uno dei migliori attori in circolazione, è un asso per il ruolo del mentecatto, sa scegliersi i film giusti, è pure vegano, toh, ma a me Gioacchino fa proprio un pessimo effetto.
Oh, e comunque mettiamo le mani avanti: se vi aspettate una recensione seria e puntuale, e che vi spieghi cosa è e cosa aspettarvi dal film, della sua posizione nella filmografia di P.T. Anderson, dalle scelte registiche e dal colloquio immagine-suono, beh, state nel posto sbagliato. Rivolgetevi piuttosto al nostro amico Giona. O ad Ale, che vi risponderà nei commenti. Io non faccio queste cose. Io sclero, va bene? Va bene.
Ora, nonostante la presenza di Gioacchino nel ruolo del protagonista (chissà come sarebbe stato col molto più fico Robert Downey Jr., mi chiedo ora), erano mesi che aspettavo questo film. Perché? Beh, perché sono una fan di Pynchon. Non capisco un cazzo di tre quarti della roba che scrive, ma lo amo. L’ho amato dal primo sguardo, dalla prima volta che i miei occhi miopi hanno incrociato una sua riga, nella fattispecie l’attacco de L’incanto del lotto 49, all’università, coi miei compagni che mi guardavano per storto perché loro quella roba proprio no, schifo, e io non riuscivo a capire come facessero a non rendersi conto, ma che dico, a non vedere il genio in azione. Ciechi e pazzi. Da allora, nei miei momenti di megalomania, penso che vorrei essere Pynchon, cioè, non sparire nel nulla e far circolare solo una foto di me ragazzina, ma scrivere romanzi-mondo in cui si riversa in forme schizoidi tutto lo scibile umano, come V., L’arcobaleno della gravità o Vineland. Poi mi sveglio tutta sudata, certo.
Comunque, nello stesso tempo la Vocina della Ragione (quella noiosona, sì) mi diceva, di tanto in tanto: Guarda che lo sai, che non puoi pretendere più di tanto, vero? Lo sai che finirai per farti rodere il culo, vero, Vale? Sì, lo sapevo, e lo so. Passatemela. Io cerco di non paragonare mai film e romanzi, sono due mondi diversissimi e i discorsi su “è meglio il libro”, “è uguale” o “non è uguale” sono fuffa, lo so. Però passatemela, oggi. Perché per lui, il paragone, scatta automatico. Ale torna a casa e mi butta lì: “oh, faranno un film tratto da Pynchon”. E io riesco solo a fare una faccia a punto interrogativo, a chiedermi “cosa?”, perché… come spiegarvelo… tentare di incastrare Pynchon in un film mi pare come tentare di infilare una sequoia sul treppiede accanto al telefono, in soggiorno. Pynchon è strabordante e allucinato e folle e delirante e le attuali conoscenze scientifiche ottiche e fisiche non sono in grado di tenerne il passo.
Il film esce oggi, se vi riesce andate in ogni caso a vederlo (in originale se possibile, non oso pensare cos’avranno combinato i “migliori doppiatori del mondo”) perché è divertente, Owen Wilson (altro che sulle facce da scemo c’ha costruito una carriera) è azzeccatissimo nel suo ruolo, e tutto il resto del cast funziona nel rendere il caleidoscopio losangeleno tardo hippie shakerato da Pynchon. Ci si diverte, ci si sballa con certe soluzioni visive, e insomma son 2 ore e mezzo che valgono. Però, niente da fare, la magia del geniaccio newyorchese rimane elusiva, non riesce a filtrare che in parte. Il megasconvoltone Denis (che regala alcune delle scene più esilaranti del libro) è sottoutilizzato e non mi convince la voice over di Sortilège (come non mi ha mai convinto quella del Blade Runner originale, e mille altre voice over. Io detesto la voice over) – immagino che su questo Ale avrà qualcosa da ridire.* Più in generale, troppo va perso secondo me nella traduzione pagina-schermo, di ciò che rende unica la poetica di Pynchon. Sicuramente sono io che dovevo andare al cinema con meno aspettative. E magari dovevo andare anche in un altro cinema, perché la sala del Maxxi (sui mortacci che abbiamo tirato a Zaha Hadid potrà meglio informarvi l’amico Spiderman in sede di commento, magari) è terribile – le poltroncine di design scomode, lo schermo troppo piccolo e troppo in alto, il climatizzatore impazzito, faceva un caldo che si boccheggiava** – ma vabbe’, suppongo dovrei comunque essere grata per la possibilità di aver visto questo film in anteprima (di un giorno solo, ma non sottilizziamo).
Ora dunque lascio la parola ad Ale, che vi parlerà del film in modo più professionale, sempre che ne abbia voglia.***
* In effetti, a me pare una delle scelte più intelligenti di Anderson (lei in fondo anche in Pynchon è una sorta di coscienza segreta della narrazione), e poi Joanna Newsom è fantastica, che canti o che declami. (NdAlessandro)
** Sul tema ho protestato nelle alte sfere maxxiane, si spera che quando andremo a vedere IL FILM la questione sarà sistemata. (NdAlessandro)
*** Ecco, a me P.T. è sempre stato un po’ sulle balle, ma ultimamente è diventato un cineasta molto più interessante. Anche qui, invece di lasciarsi andare ai luoghi comuni manieristi che l’ambientazione primo-settantesca chiamava, mantiene un rigore testimoniale di gran fascino, con queste lunghe riprese in lento aggiustamento, in cui le gag, i giochi attoriali, e tutto l’ambaradan psichedelico non sono exploited, ma emergono con una sorta di limpidezza straniante, e tutte le scelte (musicali, di grana fotografica e apparato scenico-costumistico) sono conseguenti. Insomma, un tentativo coraggioso e riuscito, anche se non eccezionale. (NdAlessandro)
Zaha chi???? D’altronde ho finito il calendario mercoledì scorso quindi l’11 comincerò il 2016!
Amen.