Ex Libris 164 (Henry Darger)

Ninfe

I critici che si sono occupati di Darger hanno sottolineato gli aspetti patologici della sua personalità, che non avrebbe mai superato i traumi infantili e presenterebbe tratti indubbiamente autistici. Assai più interessante è indagare il rapporto di Darger con le sue Pathosformeln. Certamente egli è vissuto per quarant’anni totalmente immerso nel suo mondo immaginario. Come ogni vero artista, egli non voleva però semplicemente costruire l’immagine di un corpo, ma di un corpo per l’immagine. La sua opera, come la sua vita, è un campo di battaglia il cui oggetto è la Pathosformel “ninfa dargeriana”. Essa è stata ridotta in schiavitù dai malvagi adulti (spesso rappresentati in veste di professori, con toga e berretto). Le immagini di cui è fatta la nostra memoria tendono, cioè, nel corso della loro trasmissione storica (collettiva e individuale), incessantemente a irrigidirsi in spettri e si tratta appunto di restituirle alla vita. Le immagini sono vive, ma, essendo fatte di tempo e di memoria, la loro vita è sempre già Nachleben, sopravvivenza, è sempre già minacciata e in atto di assumere una forma spettrale. Liberare le immagini dal loro destino spettrale è il compito che tanto Darger che Warburg – al limite di un essenziale rischio psichico – affidano l’uno al suo interminabile romanzo, l’altro alla sua scienza senza nome.


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