Una grande canzone di Grace Slick, che più volte abbiamo citato, oggi ci viene da dedicarla a chi si può immaginare. E ci viene da dire che lo sappiamo, la proviamo sulla nostra pelle la rabbia, che in questi momenti tende a traboccare, e a ragione. Ma la questione è ampia, è filosofica e politica, è ecologia ed etica. E crogiolarsi nell’invettiva è solo fare un favore a chi ritiene che ecologisti, antispecisti e Co. siano una bizzarra compagnia di matti, di catastrofisti, di “anime belle” che dovrebbero imparare a stare al mondo. Laddove sono le persone che invece più ragionano, quotidianamente, dolorosamente, su temi che dovrebbero essere patrimonio di tutti. E allora che la ragione si allei al sentimento, contro la narcosi collettiva, per cambiare davvero la mentalità antropocentrica dominante, per imparare un nuovo modo di stare in questo mondo, con rispetto e cura, umiltà e intelligenza.
He was born on the mountain’s Eastern side
Where the sun brings the morning to the sky
In the snow the human hunters hide
A shot is heard but no one hears him cryOh, panda bear, my gentle friend
I don’t want to say goodbye
Oh, panda bear, when will the killing end?
When will we see the light?He can feel the night, the last sunset is in his eyes
They will carry him away, take his beauty for their prize
Ah, but hunger would have come when the bamboo forest diedOh, panda bear, you can’t seem to win
No matter how hard you try
Oh, panda bear, my gentle friend
I don’t want to say goodbyeNow his body lies on the mountain’s Western side
He was sold to a man whose money has no pride
Shining fur traded for gold but the price is too high
His kind is almost gone he wants to surviveHe was born on the mountain’s Eastern side
Where the sun brings the morning to the sky
If we will try to share that morning light
We will find that we all have the right to lifeOh, panda bear, my gentle friend
I don’t want to say goodbye
Oh, panda bear, when will the killing end?
When will we get it right? Panda
Ps. I cavalieri del benaltrismo sono ovviamente partiti alla carica, coi classici giochi al “ti indigni per questo ma non per quello”, o “vale più una vita che un’altra” (trappola logica micidiale, frame concettuale agghiacciante). Un buon esempio è questo, che per fortuna ha avuto già una buona risposta. E deo gratias, visto che sono stati tirati in ballo femminismi e femminicidi (perché, questo cos’è stato, alla fine?), c’è chi non ragiona per compartimenti stagni e contrapposizioni sterili che valgono solo ad ammazzare pensiero ed azione tesi al cambiamento (il ragionare per gerarchie di supremazia morale, di catalogazioni per importanza impedisce di percepire ciò che unisce le ingiustizie), c’è chi si accorge che tutto è collegato, in questo mondo di sopraffazione e dominio, e o si lotta a 360 gradi, avendo il coraggio di abbandonare il vecchio concetto di umanesimo e articolando un’idea radicale e nuova di umanità, che riscopre organicamente la sua componente animale, o si parte sconfitti. Segnaliamo due articoli, al riguardo, uno su Womenoclock, l’altro della sempre efficace Feminoska su Intersezioni.
2 risposte a "I don’t want to say goodbye (Daniza)"