Ok, Nanni non ci capisce molto di cinema, valgano per tutte le stupidaggini che snocciola a proposito di Henry e Strange Days, in Caro diario e Aprile rispettivamente, eppure riesce nonostante tutto a costruire gag memorabili sugli opposti luoghi comuni a proposito dell’ultimo di Don Siegel (in Sogni d’oro) sull’effetto mélo del Dottor Živago (in Palombella rossa) o le caste di doppiatori italici (ne Il giorno della prima di Close Up).
E ok, Nanni non ci capisce molto di musica, oltre ad essere patologicamente stonato (ricordiamo certi imbarazzanti singalong su Ragazzo fortunato o l’Insieme a te non ci sto più de Il caimano), eppure è riuscito a cavare dalle proprie eclettiche scelte canzonettare, da quelle più scontate a quelle più sorprendenti, effetti sound and vision di icastica … Si potranno portare alla memoria le varie insorgenze battiatiane o il repechage di classici più o meno dimenticati del canzoniere italiano (Bertè, Zero, Lauzi), le incursioni nelle musiche del mondo (da Angelique Kidjo a Khaled, da Yma Sumac a Mercedes Sosa) e il rivolgersi al rock cantautorale (da Springsteen a Cohen a Damien Rice).
Tra i tanti, gli esempi che prediligo sono forse la Visa para un sueño di Juan Luis Guerra che nel deserto agostano si sprigiona come un balsamo danzereccio ad accogliere il vagabondo in vespa (attirato come un magnete dal microfono) in una ballroom all’aperto e l’immortale By This River di Brian Eno che si fa amuleto magico per elaborare l’assenza del figlio amato e perduto.