Non percorribile, per il momento, la strada della previsione [dei terremoti, ndVale], resta però quella della prevenzione, che non è certamente un’invenzione moderna. Cerreto Sannita è una cittadina del Beneventano apparentemente simile a molte altre dell’Appennino meridionale, ma in realtà diversa dalle fondamenta, nel senso letterale del termine. L’impianto delle abitazioni civili e municipali marca palesemente la differenza rispetto agli altri centri abitati di una terra martoriata dai terremoti: le fondamenta sono fatte ad arte, i muri si allargano verso il basso per aumentare la stabilità e sono ben spessi quindi più resistenti (a volte presentano pietre angolari intagliate in un unico blocco di roccia e staffe di rafforzo), le strade e il sistema fognario sono efficienti e moderni: un esempio, insomma, di edilizia antisismica da seguire ed esportare. Ci si potrebbe augurare che sia solo una questione di tempo e che presto anche gli altri comuni appenninici si adeguino alle norme antisismiche. Il problema è che di tempo ne hanno avuto sin troppo, se si considera che Cerreto Sannita fu completamente ricostruita per volontà dei Borbone dopo un terremoto che la devastò nel XVII secolo e che l’attuale centro storico è ancora quello edificato allora. Il valore dell’edilizia antisismica dei Borbone non deve essere servito come esempio per il Meridione d’Italia, se è vero – come è vero – che è ancora qui che i terremoti del futuro faranno i maggiori danni.