L’ecologia di Star Trek

C’è un film che mi è molto caro e che reputo, al di là dell’effettivo valore filmico, molto importante. Non per la storia del cinema, sicuramente per la mia personale formazione.

Si tratta del quarto film della serie classica di Star Trek, Rotta verso la terra, in cui l’equipaggio dell’Enterprise, recuperato Spock, torna a casa. (Per chi non conoscesse la serie: Spock, dopo l’attacco di un vecchio nemico, si era sacrificato per salvare l’Enterprise, travasando la sua coscienza nel dottor McCoy. McCoy e Kirk quindi partono per recuperare il corpo di Spock stesso, che si è rigenerato nel corso di un progetto scientifico di terraformazione di un pianeta desertico. Una volta tornati a casa, Kirk e soci scoprono che la Terra rischia di fare una brutta fine, perché una sonda aliena non riesce a trovare quello che cerca: le balene. Kirk e i suoi decidono quindi di tornare indietro nel tempo e salvare alcune balene in modo che queste stesse balene dicano alla sonda cosa fare di sé stessa. Spero si sia capito.)

Quel che mi rende caro il film è vedere come l’afflato ambientalista si agganci alla dimensione fantascientifica. E ci sono un paio di dialoghi cui ripenso spesso. Uno è quello tra la dottoressa Taylor, una scienziata che si occupa di balene, con un collega, dopo aver scoperto che hanno portato via i cetacei senza dirle niente:

BOB: And besides we’re not talking about human beings here. It’s never been proven their intelligence is anyw…
GILLIAN: Oh, come on Bob. I don’t know about you, but my compassion for someone is not limited to my estimate of their intelligence.

Non so voi, ma la mia compassione per qualcuno – come quella della dottoressa Taylor – non è limitata al grado di intelligenza (che peraltro, riguardo al mondo degli animali non umani, è stata ormai provata senza fallo), e faccio mia la frase quando c’è qualcuno che, come Bob, mi viene a dire, “e dopotutto sono solo animali”.

L’altro punto cruciale è una frase di Spock.

Admiral, if we were to assume these whales are ours to do with as we please, we would be as guilty as those who caused their extinction.

Se pretendessimo che queste balene sono nostre per farci ciò che vogliamo, saremmo colpevoli come quelli che ne hanno causato l’estinzione. Spock in pratica dice che il pianeta non ci appartiene. Non è nostro, e soprattutto non possiamo farci quello che ci pare. Allora mi chiedo (retoricamente), perché c’è gente che invece si permette di fare quello che vuole (di sparare ad animali che non gli appartengono, di distruggere foreste che non gli appartengono, di depredare riserve minerali che non gli appartengono)?

Io sogno un mondo in cui i sapiens non si pongano arrogantemente ome padroni assoluti di tutto, ma che prendano in prestito dalle limitate risorse della Terra solo quello di cui hanno davvero bisogno. So che questo mio sogno, probabilmente, non sarà mai realtà. So che il mondo verrà distrutto, o il mondo stesso distruggerà l’uomo, e nei miei momenti neri credo che un atteggiamento più consono sia scommettere su chi distruggerà prima l’altro.

Ma, come dice il Bhagavad Gita, bisogna lottare come se la lotta servisse a qualcosa. Sempre.


Una risposta a "L’ecologia di Star Trek"

  1. L’ha ribloggato su La Luce della Vitae ha commentato:
    Leggo nel blog di un’amica, e visto che condivido in pieno il suo pensiero ripropongo il suo pezzo. Per giunta, mi parte da Spock come base del ragionamento: mai più mi tiro indietro!

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