E addirittura, tirando la corda con cui tutti tranne me si impiccheranno, certe sere i miei amici sembravano incarnare per un attimo quelli che non erano mai esistiti: i poeti dell’america latina morti a cinque o dieci anni, i poeti morti a pochi mesi dalla nascita. Era difficile, e per di più era o sembrava inutile, ma certe sere dalle luci violacee vedevo sui loro volti i visetti dei bebè che non erano mai cresciuti. Vedevo gli angioletti che in America latina vengono seppelliti in scatole da scarpe o in piccole bare verniciate di bianco. E a volte mi dicevo: questi ragazzi sono la speranza. Ma altre volte mi dicevo: come fanno a essere la speranza, come fanno a essere la spumeggiante speranza questi giovani ubriaconi che sanno solo parlar male di José Emilio, queste giovani spugne esperte nell’arte dell’ospitalità ma non in quella della poesia.