Cose a caso che abbiamo sentito ultimamente a proposito di antispecismo, sperimentazione animale e Co.

Abbiamo sentito dire che si tratterebbe di “first world problems” (mh. Chissà se pure – mettiamo – per i “same sex marriage” la stessa illuminata persona direbbe la stessa cosa). Ad ogni modo noi preferiamo chiamarle (entrambe) battaglie di civiltà.

Abbiamo sentito dire che gli stessi animali (non umani) sarebbero specisti. Forse è il caso di precisare che è questione di scelte, che l’animale umano ha a disposizione possibilità di scelta che quelli non umani non hanno, senza che questo implichi una qualche superiorità (quanto al fatto di rimarcare sempre e continuamente certi concetti di superiorità: un buon psicanalista crediamo troverebbe buon materiale di lavoro). Un frame of mind piuttosto diffuso: gli umani prima pensano di essere superiori agli animali per la conoscenza, poi giustificano la loro uccisione con l’inconsapevolezza dell’altro. Ma proprio perché consapevole, lui, l’umano dovrebbe trarne le debite conseguenze morali, o no? “Pensare che un animale con un cervello piccolo soffra meno di uno con un cervello grande è un patetico uso della logica.” (John Webster in La vita degli animali)

Abbiamo sentito tirare in ballo la natura solo quando fa comodo, e solo piegandone il concetto al proprio mulino concettuale (vizio evidentemente non solo cattolico). Ma è un fatto culturale che l’uomo tenda a sopraffare la donna, il bianco il nero, il “normale” (la maggioranza, il pensiero dominante) ciò che si considera “anormale” (la minoranza, il pensiero alternativo), l’umanità gli animali non umani.

Abbiamo sentito delegittimazioni linguistiche a gogo: lo schema è sempre e penosamente lo stesso, si giustifica tramite l’umiliazione verbale (sporco negno, brutta troia, frocetto, bestia) la sopraffazione.

Abbiamo sentito dire “capirei fosse una scelta dettata da un credo religioso”, sennò nisba. Dal che si evince che le alternative per gli umani sarebbero due: seguire le prescrizioni di qualche entità trascendente o fare il cavolo che gli pare (che poi nel caso in particolare, tra l’altro, sarebbero le stesse identiche cose prescritte dal Dio di Genesi: “e domini sui pesci del mare…”). Laddove noi pensiamo che la laicità non consista in un inaridimento delle facoltà empatiche, bensì nel trovare una morale e una pietas non insufflate da altre dimensioni, ma presenti nel cuore e nella mente umani.

Abbiamo sentito dire che siamo ovviamente nazisti, nonché la parte più primitiva dell’umanità, perché privilegeremmo l’emozione sulla ragione. Su questo non possiamo che rimandare al perfetto articolo di Serena Contardi, in particolare sulla sciagurata contrapposizione emozione/ragione, che è una delle più stupide derive del dibattito, soprattutto se si arriva a costruire su una del tutto autoreferenziale razionalità una agghiacciante, totalitaria religione alternativa.

(Abbiamo anche sentito tanti animalisti caricati a insulti screditare il lavoro straordinario che si sta facendo con una coprolalia degna di peggior causa.)

Abbiamo sentito definire, anche da ambienti di sedicente sinistra, atti che secondo noi sono di disubbidienza civile come opera di delinquenti e terroristi. Anche qui, un bellissimo intervento di Antonio Volpe dice tutto quel che c’è da dire, ci pare. Potremmo aggiungere: anche le azioni della Rainbow Warrior o della Stewe Irwin sono per questi pulpiti, immaginiamo, atti terroristici, perché alla fin fine i balenieri, i petrolieri, gli sperimentatori atomici stanno facendo il loro lavoro e non bisogna rompergli le scatole. Bisogna solo decidersi, lì a sinistra, se un massacro di tali proporzioni è un lavoro consono a una società civile ed evoluta. Per noi, in sintesi, schegge di inferno sono in ogni mattatoio e in ogni laboratorio dedicato alla sperimentazione animale. In ogni strada martoriata di Aleppo o della striscia di Gaza. In ogni stanza famigliare dove cala una mano o un bastone. In ogni vicolo in cui un “diverso” viene punito per la sua non appartenenza a un canone di sessualità, di pensiero, di fede. Effettuare distinguo e stilare liste di precedenza è l’ultima cosa che serve al progresso (quello vero) dell’umanità. Quello che serve è prodigarsi per salvare ogni singola vita salvabile, e per cambiare a 360° una mentalità basata sullo sfruttamento, la derisione, l’eliminazione dell’altro da sé.


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