Devo parlarvi di un romanzo, ma vorrei prenderla un po’ larga (come al mio solito, direte, e allora perché non vai avanti senza menarcela con dichiarazioni inutili? Giusto. Avete ragione). Io sono, o meglio dovrei dire, ero appassionatissima di fantascienza, anni fa. Molti anni fa. La folgorazione venne grazie a un’antologia della Urania, di quelle che costavano poco. Me la prese mia madre alla stazione, poco prima che il treno partisse per la più orrida colonia estiva del dopolavoro ferroviario che sia mai esistita (chi ha letto il nostro romanzo sa di cosa parlo). In quell’antologia il primo racconto si chiama Ibrido, è firmato Keith Laumer, e parla del solito sfigato che ottiene poteri sovraumani e si vendica dei bulli. Gli altri racconti sono meglio, c’è un romanzo breve di Gregory Benford che funzionerebbe anche se fosse stato scritto oggi (magari con l’aggiunta di cellulari e tablet, ma il discorso non cambia: Dallo spazio profondo resta grandissima fantascienza).
Dopo questa antologia ho seguito serie televisive (Star Trek e Spazio 1999, Ufo) film (no, Star Wars non è fantascienza, ribadiamolo: è (im)puro e meraviglioso fantasy, con blande sfumature sci fi, molto western, e Kurosawa, e Shakespeare) ma soprattutto romanzi e racconti. Per un periodo di forse dieci anni mi è passato tra le mani un numero imprecisato di romanzi e spessissimo romanzacci buoni solo per il secchio di raccolta di carta e cartoncino. Sono passata dall’infatuazione per quello smargiasso di Asimov e la nostalgia per gli scrittori dell’età dell’oro, all’adorazione di Philip Dick. Da William Gibson che aveva già scritto tutte le idee che mi venivano in mente per dei possibili romanzi, ai nuovi autori raccolti dalla gavetta delle riviste. È stato un periodo di assoluto sense of wonder. Niente di ciò che vedevo intorno a me era privo di una patina lasciatagli dall’influsso del futuro.
Poi. Poi basta, le infatuazioni finiscono, una cerca di tenersi al corrente ma inizia a vedere trame sempre più logore, deja vu, dialoghi banali e trovate ancora più inconsistenti. La collana urania ha smesso di essere un’attrattiva, la mattina quando passavo davanti all’edicola entrando in metro. Mi sono buttata su Toni Morrison, De Lillo, Gadda e Stephen King. La fine di un amore.
Il motivo è che non sono più riuscita a provare quelle cose che provavo allora. I miei sforzi di produrre qualcosa di decente, nell’ambito del genere, si scontravano con le mie reali capacità: non ero capace di scrivere fantascienza. La cosa che mi consolava (amaramente), è che nemmeno gli altri, quelli pubblicati, sembravano esserne più tanto capaci. Tranne qualche preziosa eccezione, che invariabilmente arrivava dall’estero (non necessariamente America). Ed è qui che entra in gioco il romanzo di cui parlavo secoli fa, all’inizio di questo post.
New Babel, della mia amica Laura Lem Schirru. È disponibile gratis in ebook, a questo indirizzo. C’era il cartaceo, e dovrebbe tornare, non so quando. Ma io vi consiglio di scaricarlo subito: a comprare una copia di carta c’è sempre tempo.
Laura scrive bene, lo sappiamo. Ha anche abbastanza fantasia da riuscire a tenere in piedi interi universi.
New Babel è buona fantascienza come non ne leggevo da un po’ di tempo. Non dirò che è un romanzo perfetto, ma è sicuramente a un livello parecchio più alto della più recente Urania. L’idea di un internet consapevole e senziente non è nuova, ma il modo con cui Laura la gestisce, lo è. Per usare un’espressione rubata ad Ale, lei forza i confini antropocentrici e allarga la narrazione al non umano. Continuo ad essere convinta che sia una scrittrice molto attenta alle tematiche ambientali. E in questa epoca di benaltrismi furiosi (ne parleremo, oh sì, ne parleremo) questa cosa è importante. Laura conferma di essere una delle autrici più interessanti nel purtroppo così asfittico mondo del genere: è importante che continui a scrivere, è importante che gli editori la cerchino e la pubblichino.
Ed è importante che i lettori la leggano. Quindi scaricatevi questo romanzo, e poi ditemi. È gratis, e se non vi piacerà, avrete solo perso qualche ora (quanti giochini idioti di facebook dobbiamo fare, per sentirci soddisfatti?).
Ah, i dubbi… Laura mi ha raccontato di aver provato a partecipare al premio urania, con New Babel. Ovviamente non ha vinto, né è finita tra i finalisti. Questo mi fa chiedere: davvero al premio Urania – all’edizione di quell’anno – hanno partecipato tutti questi capolavori? E se ci sono tutti questi capolavori in giro, perché Urania continua a pubblicare zozzerie invereconde?
Una risposta a "Fantascienza, bei libri, conferme e dubbi"