Mentre il clima declinava dolcemente in un autunno temperato, mite come i vecchi dicevano di non ricordare da anni – per poi aggiungere, immancabilmente, che era il segnale di un inverno gelido e che sarebbe stato senz’altro tremendo per le loro povere ossa – l’usignolo cominciò a cantare di meno e a cercare di più il cibo, che cominciava a scarseggiare. Le farfalle morivano, cadevano a terra sbattendo le ali nella polvere, i coleotteri volavano via, chissà dove. Gli insetti deponevano uova immangiabili, nascoste secondo gli stratagemmi della loro specie: sacche, grappoli, accumuli tenuti incollati ai pertugi con il muco, con le ragnatele, con corazze dure come unghie. Le larve scavavano cunicoli nella terra umida, nei rami degli alberi, sotto le pietre, dove non si potevano raggiungere, e sui rami rimanevano solo le bacche, contese da uomini e animali.
devo ammettere che le tue recensioni mi fanno incuriosire per libri a cui non penserei mai di avvicinarmi…
Fantasyzzati…