L’istinto di sopravvivenza, perché anche di questo si tratta quando parliamo della città, vale tanto per gli animali quanto per gli inanimali, un termine notoriamente astruso che non risulta nei dizionari e che abbiamo dovuto inventare per potere, con sufficienza e proprietà, rendere trasparenti, a occhio nudo, vuoi per il significato corrente della prima parola, animali, vuoi per l’inopinata grafia della seconda, inanimali, le differenze e le somiglianze tra le cose e le non cose, tra l’inanimato e l’animato. D’ora in poi, nel pronunciare la parola inanimale, saremo altrettanto chiari e precisi di quando, nell’altro regno, ormai del tutto perduta la novità dell’essere e delle sue designazioni, indifferentemente chiamavamo l’uomo animale e animale il cane. Tertuliano Máximo Afonso, nonostante che insegni Storia, non ha mai capito che tutto ciò che è animale è destinato a diventare inanimale e che, per quanto grandi siano i nomi e le imprese che gli esseri umani abbiano lasciato iscritte nelle loro pagine, è dall’inanimale che veniamo ed è verso l’inanimale che c’incamminiamo.