La nostalgia, in fondo, è sempre l’idealizzazione di qualcosa che non abbiamo vissuto, “quella fine malinconia, e quasi sbalordimento, tipica di tutti i tempi che mutano in altri”, come dice la Ortese.
E di luoghi, aggiungerei, prossimi e lontani.
Un dono che avrei desiderato è quello di un’ubiquità adolescenziale che m’avesse fatto crescere
a Parigi: sarei andato ai concerti degli Indochine cantando in coro Canary Bay; avrei sognato un Week-End a Ròme; sarei partito per Voyage Voyage mentali;
a Madrid: avrei ballato alle feste No controles; avrei sognato un Lobo Hombre en Paris; sarei partito per Algún lugar de un gran pais;
a Berlino avrei seguito i 99 Luftbaloons; a Vienna avrei fatto una Vienna Calling; a Hong Kong mi sarei innamorato di Sally e Anita; ad Auckland avrei sospirato su In a Minor Key…