These are the songs of my life: Scottish (Glasgow) Melancholy Edition

La malinconia nel pop scozzese è una categoria a parte, imbevuta di piogge e tristezze nordiche.

Capita che proprio la pioggia onnipresente sia lo spunto per dedicare alla propria città (Glasgow) la dedica più bella a mia conoscenza che si possa ideare in musica per una città, ed ecco Raintown.

Capita che respirando l’aria della stessa Glasgow si venga posseduti da melodie in minore di perfezione impressionante, ed esce fuori dal cilindro di Stuart Murdoch qualcosa come I fought in a war.

Capita che sempre Glasgow, grigio desolato con chicchissimi tocchi liberty, ispiri sogni di fuga che sanno d’America e rimpianti, e allora può prendere forma una sublime Driving with the brakes on.

Capita che a Glasgow sia nato pure quel troppo spesso dimenticato paladino del folk-jazz-ambient a nome John Martyn, uno capace di sfornare capolavori sospesi come Sweet Little Mistery.

Capita che da Glasgow venga anche una delle grandi band minori degli anni 80, che prodotta dal Gary Katz di steelydaniana memoria sfornò nel 1988 un gioiellino di sospirose scintillanze intitolato a uno strano tipo d’amore.

E la sempiterna Glasgow negli stessi anni ospitava un caposaldo del pop-rock intellettuale come i Commotions di Lloyd Cole, uno che scriveva canzoni, sulla perfezione della pelle e della tristezza, guarda te.

E se è ancora e perennemente Glasgow che ha dato patria al culto distillato del nilo blu e alla vocalità da angelo in esilio di Paul Buchanan, allora, forse, l’umidità fredda le ossa ma scalda l’anima.


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